Non
si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze
Horkheimer-Adorno,
Dialettica
dell'illuminismo
Recensioni,
note critiche, extravaganze
Redazione
Sergio Audano,
Gianni Caccia,
Maria Grazia Caenaro
Claudio Cazzola,
Lorenzo Fort, Letizia Lanza
A
proposito di Diabolica
di Federico
Moro
Scheda
biobibliografica
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Confesso
un certo disorientamento davanti all’ultimo lavoro dell’antichista
veneziana
Letizia Lanza: Diabolica. Da oggi a ieri (Saggi Supernova
Edizioni,
Venezia 2004).
A
cominciare da quell’esordio, la citazione delle ultime parole
lasciateci
da Cesare Pavese prima della morte con la denuncia
dell’impossibilità
di continuare a scrivere e l’elogio del suicidio … per continuare con
la
lettura dei testi raccolti nel volume. Perché di questo si
tratta,
di un compendio dei più recenti interventi critici dell’autrice.
Raggruppati in tre sezioni, Erratica-Antiqua-Inedita, sorta di
filo
rosso a collegare recensioni, commenti e riflessioni di natura
apparentemente
diversa.
“Riflessione”:
concetto centrale nella produzione di Letizia Lanza. La sua pagina
denuncia
il lungo, attento e a volte, perché no?, anche doloroso processo
intellettuale che la parola scritta cerca in qualche modo di fissare,
di
cristallizzare in un momento di definitiva chiarezza: offrendolo
all’esperienza
e alla meditazione del lettore.
Tale
approccio, il particolare modo di Letizia Lanza di riflettere
scrivendo,
era già palese nelle opere precedenti, da Ritorno a Omero a
Scritti
di Donna, Il gioco della parola, Eidola, Scripta Selecta, Vipere e
Demòni,
Donne greche, Grecità femminile, Frustoli di scrittura, per
non citare che i più noti pubblicati sempre da Supernova.
Scrittura
densa, quindi, in cui ogni riga, ogni parola verrebbe da dire, rimanda
a una costellazione di idee, suggestioni, emozioni e andrebbe non solo
letta, ma studiata e interiorizzata.
In
questo ultimo Diabolica. Da oggi a ieri – sottolineo l’ironia
dell’inversione
cronologica – la “riflessione” tocca al solito una moltitudine di temi.
Due spunti, però, meritano un approfondimento.
Il
primo è rappresentato dal riproporsi di una tematica
tradizionale
nell’antichista veneziana: quella della donna: in una precedente
occasione
l’avevo definita la donna di Letizia, portatrice di valori e
idealità
esclusive. Per Letizia Lanza, l’Altra Metà del Cosmo incarna una
dimensione antagonista rispetto a quella maschile che domina la nostra
Realtà.
Il
secondo è il rapporto esistente tra Amore e Morte, Eros/Thanatos
per usare una terminologia più consona all’autrice, legame
inestricabile
al punto da potersi raffigurare alla maniera di un rituale abbraccio
danzante.
Vita e Morte, contrari generati l’uno dall’altro, due facce del moto
vorticoso
di Essere e Nulla. La Realtà finisce smascherata quale
apparenza.
Una proiezione senza sostanza, un simulacro da abbattere. Chi
può
farlo? Proprio la
Calunniatrice, la Diabolica donna di
Letizia
appena ricordata, la cui maledizione si abbatte su tale Realtà
declinata
al maschile. Un ruolo, però, defatigante, al punto da condannare
la Diabolica a un’inesorabile consunzione. Quasi la Vita,
stirnerianamente,
si potesse godere solo consumandola, candela che illumina esaurendosi:
sino al Silenzio e alla Morte.
Diabolica
come Dèmone, da calunniatrice a potenza divina, da
demolitrice
a colei che attribuisce un destino: quello di un Ordine costruito su
conflitti
insanabili. Luce/Tenebra, Immaginario/Reale, Parola/Silenzio … Vita e,
appunto, Morte. Per fortuna c’è una Diabolica a
ricordarcelo.
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