Non
si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze
Horkheimer-Adorno,
Dialettica
dell'illuminismo
Recensioni,
note critiche, extravaganze
Redazione
Sergio Audano,
Gianni Caccia,
Maria Grazia Caenaro
Claudio Cazzola,
Lorenzo Fort, Letizia Lanza
Nota su Poesie Soffocate di Letizia Lanza
di Lucia
Visconti Cicchino
Scheda
biobibliografica
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Il
privilegio di ricevere come regalo dalla stessa autrice Poesie
soffocate
– cara amica che ringrazio affettuosamente – non può lasciare
un’eco
semplicemente inter nos.
Trovo
qui l’essenza sua: la sua carne (fisicità e spiritualità)
fatta verbum: espressione per eccellenza dell’umanità
che
da sempre la cattura e la spinge al dono.
Letizia,
donna intessuta di cultura classica, nota esperta di filologia, si
esprime
con “parola alta”. Non si tratta di ricercata erudizione: i termini
delle
brevi liriche pregni di significato richiamano greco e latino. Lei non
può esprimersi in altro modo, pena boicottare se stessa.
Per
questo ci troviamo a leggere qua e là versi totalmente nuovi:
«inaridío
nihilo di rigagnolo»; «scintillío pulchro»;
«lontananza
evanida / di servitù sfiorita».
Musicalissimi,
si imprimono nella memoria.
Ti
chiedo, Letizia: Poesie soffocate, da cosa? Dal dolore
che
stringe la gola e lascia solo «sillabazioni stente»,
«balbettii
poetici», dalla vita, che spesso si risolve in
«parvenze»
e nel dubbio che «l’essere … sia solo sbarre», dal
terrore
di «vorticante, / aggelata pena / di eterna assenza»?
No,
nulla appare strozzato, perché «la Poesia salva la
vita»
e la comunica a pieni mani.
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