Reitia: Dea della Nostra Memoria.
Padova, Eremitani, domenica 1 Giugno 2003
Un’emozionante immersione nella vertigine del tempo,
seguendo il ritmico richiamo delle viscere
della terra e dell’anima: che si tratti delle proprie, terra e anima,
dona
al viaggio l’intensità di un’iniziazione. Sacra.
In due parole,
le sensazioni a caldo di chi ha appena assistito nella cornice degli
Eremitani
a Padova allo spettacolo Reitia: Dea della Nostra Memoria,
messo in
scena da Teatrocontinuo per la regia di Nin Scolari. Certo Scolari in
questo
lavoro è stato più di un semplice uomo di teatro. E la
ragione
si trova già nel titolo, giocato sui due poli fondamentali
dell’azione
drammaturgica: Reitia, la Dea Grande Madre dei Veneti, e la
Memoria,
così umana eppure, per sorta di mitica Nemesi, senz’altro
divina.
Il Mito,
quello classico alle origini stesse del teatro, è il Meta-Luogo
dove
Scolari colloca non solo lo spettacolo, ma parte rilevante dell’intera
sua
storia artistica. Reitia, infatti, rappresenta un tassello di
quella
ricerca denominata dall’autore I Luoghi del Mito, che, con
paziente
esattezza filologica e sensibilità interpretativa moderna,
conduce
da alcuni anni assieme agli eccellenti collaboratori e attori di
Teatrocontinuo.
Di passaggio ricordiamo Sulle orme di Hera, Tragoedia, Sacro e
Profano,
Viaggio all’Inferno, La Biblioteca del Tempo, Antigone, Troiane,
Prometeo…
tracce della vicenda di un Gruppo, Teatrocontinuo, e di un uomo, Nin
Scolari,
ad inseguirsi lungo i labirinti intellettuali e spirituali dei diversi
spettacoli,
risvegliando in noi sentimenti nascosti, dimenticati.
Ma Scolari,
nel caso di Reitia, non si rivolge tanto ai Veneti attuali per
ricordare
loro un’identità perduta, anche se questo in effetti può
avvenire
e per molti accade. Il suo vero bersaglio è l’Uomo. Così
pericolosamente
sospeso nell’Universo, alla ricerca di solide radici cui connettere la
propria
spiritualità sofferente e inappagata, tanto in bilico sulla
sottile
corda della vita, sempre sul punto di spezzarsi, da avvertire
l’imperiosa
urgenza di un legame con qualcosa di grande, stabile, definitivo.
Sacro?
Forse, ma a chi legge queste note preferiamo offrire alcune suggestioni
tratte
dallo spettacolo stesso:
“L’uomo si
coltiva come fosse pianta,
s’alleva come fosse animale”,
“Poi verranno
altri che vogliono
sapere cosa raccontano le nostre storie”, “Qual è il principio?”,
“L’albero
della Memoria: scrivere
per comprendere chi si è… dobbiamo impedire che il passato non
sia
stato mai”, “Dissolversi
in acque e sorgenti” (altrove la Venetia è definita “terra
d’acqua”), “Entra
nella mia casa senza alcuna
paura” (si tratta della Casa del Sapere, il Tempio di Reitia).
Almeno una
citazione, in chiusura, per l’aiuto regista Laura Zabai, che oltre a
coadiuvare
Nin Scolari nel lavoro scenico è intervenuta sul materiale
letterario
di Brunamaria dal Lago Veneri e di quanto trasmessoci
dall’Antichità, per Giuseppe Viario e il Coro Serenissima, cui
si deve il fondamentale “sfondo”
sonoro, per Andrea Colaianni e Chiara Defant, autori delle affascinanti
installazioni
sceniche e dei costumi rispettivamente, e per tutti gli attori,
bravissimi
e che, purtroppo, lo spazio impedisce di ricordare uno per uno, di
Teatrocontinuo
e Ulysses.
Di Reitia: Dea della Nostra Memoria esiste
già una sorta di ideale continuazione presto in scena, era del
resto impossibile esaurire gli argomenti affrontati da Nin Scolari
nello spazio di un’ora e trenta, di cui contiamo di darvi conto
in un prossimo futuro. Il viaggio attraverso I Luoghi del Mito
prosegue…
10
giugno 2003