Questo
volume è la prova di come si possa giungere a dei risultati
importanti
nella ricerca di un sito archeologico senza uno scavo vero e proprio.
Infatti
combinando studi preliminari sulle fonti storiche ed epigrafiche con
una
serie di surveys di indagine topografica, assieme alla
classificazione
dei resti monumentali emergenti sul luogo, e con i dati provenienti
dalle
moderne tecniche strumentali (primo fra tutti un eccellente mosaico
fotografico
satellitare, tavv. I-XIII), ci viene fornita una cospicua serie di
informazioni.
In
questo modo una équipe veneziana di ricercatori
dell’Università
di Ca' Foscari, guidata da Gustavo Traversari, ha saputo offrire una
valida
premessa a future indagini archeologiche propriamente intese,
contributo
per la conoscenza dell’antica Laodicea al Lycos, ben nota dalle fonti
classiche
ma quasi dimenticata dalla ricerca sul campo.
Stigmatizzati
i suoi abitanti con l’appellativo di "tiepidi" da Giovanni
nell’Apocalisse,
Laodicea è stata uno dei centri più importanti dell’Asia
Minore occidentale in epoca ellenistico-romana.
Situata
in un punto nodale del sistema viario romano, come ci informa nel suo
contributo
G. Traversari (La situazione viaria di Laodicea alla luce degli
itinerari
romani), L. si trovava a poca distanza da città come
Hierapolis
e Colossae, e rivaleggiò con quest’ultima e con Mileto per la
qualità
delle sue lane e dei suoi prodotti di tessitura.
Fondata
da Antioco II attorno al 261 (il sito era precedentemente noto come
Diospolis
o Rhoas), L. ebbe un ruolo rilevante nella formazione dei principati
ellenistici,
come viene delineato nel contributo di Giorgio Bejor (Per una
ricerca
di Laodicea ellenistica).
L’inizio
della sua esplorazione avvenne solo verso la fine del ‘600, e da parte
di studiosi del cristanesimo, come ci illustra L. Sperti nella prima
parte
del suo contributo (Ricognizione archeologica a Laodicea di Frigia:
1993-1998: Viaggiatori ed archeologi a Laodicea del XVII secolo
ad oggi): questi furono Thomas Smith, nel 1671 e Paul Ricaut nel
1692.
Non sempre l’identificazione dei monumenti avvenne correttamente, dato
anche il desiderio di riconoscere i resti della L. cristiana.
Visitatori
successivi, come Spon e Wheler (1678), R. Pococke (1745), Stuart e
Revett
(1762) e R. Chandler (1775), raggiungono una visione più chiara
ed equilibrata, sopra tutto nella identificazione dei due teatri e
dello
stadio-anfiteatro, grazie anche alla lettura delle iscrizioni che man
mano
venivano messe in luce.
La
rinuncia da parte di Cockerell, nei primi anni dell’800, a visitarne le
rovine – perchè tutta la regione tra Aydin e Denizli era
ritenuta
pericolosamente infestata di briganti – dovette contribuire non poco
alla
sua esclusione dai circuiti classici del Grand Tour, mentre inesorabile
ci appare il destino che le sue rovine, oggetto di continue spoliazioni
da parte di lapicidi e cavatori di pietre, dovettero subire a beneficio
del vicino centro di Denizli.
Solo
verso la fine dell’800 W. Ramsay e G. Weber offrono finalmente un
contributo
di stampo scientifico alla conoscenza di L., il primo con un ampio
capitolo
di carattere storico-epigrafico ed il secondo con uno studio
topografico
sul tracciato dell’acquedotto, i cui resti andavano rapidamente
scomparendo.
La
pianta fornita dal Weber è l’unica pubblicata prima di quella
contenuta
nel presente volume a riassumere l’identificazione delle rovine
emergenti.
Esaminando quest’ultima, elaborata dall’équipe veneziana, vi
troviamo
dunque collocati tutti i principali monumenti che vengono descritti nei
numerosi contributi del volume.
Essi
sono, per la fase ellenistico-romana: il Bouleuterion-Agorà, di
età adrianea; le Terme-Ginnasio, con dedica ad Adriano e Sabina,
collegate al castellum aquae dell’acquedotto. Accanto ad esso
vi
era anche un Ninfeo monumentale, investigato da uno scavo
franco-canadese
negli anni ’60.
Abbiamo
inoltre: lo stadio-anfiteatro dedicato a Tito imperatore nel 79 a.C.;
un
edificio termale in forma di basilica thermarum accanto al
Ninfeo,
del II sec. d.C. circa; un ulteriore probabile edificio termale; un
edificio
non identificato con grandi nicchie rettangolari ed assiali.
Oltre
ai due edifici teatrali, il Teatro Maggiore ed il Teatro Minore, ed
allo
Stadio-Anfiteatro, di cui si era sempre conosciuta l’esistenza, abbiamo
ancora un edificio monumentale, con piazza porticata, forse un
santuario
dedicato a divinità od al culto imperiale.
Abbiamo
poi, nel contributo di G. Bejor e di J. Bonetto (La ricognizione del
1999. Dalla Porta Efesia all’Agorà Occidentale), la
descrizione
di un grande monumento, la Porta Efesia, accanto al quale sorgeva
l’Agorà
occidentale di L., e che doveva essere molto simile ad un’altra porta –
Porta Siria – databile all’età di Domiziano, tra l’84 e l’85 d.C.
Per
i monumenti della L. cristiana si possono elencare: un edificio
tetraconco
forse del V sec. d.C.; un edificio ottagonale presso la porta Siria
(forse
un martyrion simile a quello di Hierapolis), degli inizi del V sec.;
una
Basilica Nord, posta fra i due Teatri, accanto ad une delle agorai di
L.;
e la Basilica Sud, più piccola, accanto alla cinta delle mura.
Presso
questo complesso resti di grandi strutture edilizie fanno pensare ad
una
realizzazione analoga alla grande Agora settentrionale di Hierapolis,
con
funzione commerciale.
M.
Fano Santi intravede, sulla scorta di Flavio Giuseppe e di alcune fonti
epigrafiche, l’esistenza di comunità giudaiche (Comunità
giudaiche a Laodicea), all’interno delle quale dovette forse
svilupparsi
quella cristiana cui si era indirizzato S. Paolo, rivolgendosi ai
Colossesi.
Un
contributo particolare – quello di S. Gelichi e C. Negrelli (La
ricognizione
del 1999: Laodicea in età tardoantica e bizantina) –
è
un esempio preciso di come un sito archeologico può essere letto
prima dello scavo, il cosiddetto "complesso 35", dove la rigorosa
classificazione
di tutti i reperti di superficie, ceramici o lapidei, e delle diverse
tecniche
edilizie riscontrabili nelle rovine affioranti, sono state ricondotte
alla
loro distribuzione spaziale in una maglia di quadrati, col risultato di
offrire una periodizzazione dei resti emergenti in 4 fasi principali, e
di assegnare così ad ognuna di queste la vita di alcune parti di
questo complesso tardo-antico.
Il
terremoto del 494 d.C. fu uno dei più devastanti tra i numerosi
che contrassegnarono la travagliata esistenza di questo e di molti
altri
centri della regione, e dovette obliterare molti edifici pubblici di L
La
città si ridusse alla sopravvivenza, continuata però fino
alla conquista turca, nel XII sec., quando venne definitivamente
abbandonata
in favore di Denizli, distante solo pochi chilometri.
La
recente presa di interesse da parte di alcuni studiosi turchi operanti
in questo centro, che nel frattempo è divenuto sede di un Museo
regionale, oltre che di una nuova Università, porterà
senza
dubbio ad una maggior comprensione dei monumenti di L., ed alla
probabile
scoperta di altri nuovi, senza togliere – tuttavia – il valore che
queste
indagini preliminari dell’équipe veneziana hanno avuto nella
ricerca
su questo sito importante e poco noto
Di
ciò dobbiamo essere grati a G. Traversari ed ai suoi
collaboratori.