Restauro agli Scrovegni
Una vecchia in pianto
disperata
senectus da nulla
nel vicolo
buio tra miasmi e
strame
plagio da anonimo scoliasta
babilonese
egizio hittita
da nobile
latino testimone
d’infinita
globalizzazione
che a suo
tempo trovò
necessario
in superflua
pellucida trascrivere.
Il restauro di Giotto
lacrime
riscopre
su volti
rigati affranti svaniti
di donne
spalancate nel compianto.
Sottolinea il rictus
rughe
estrapolate non distese
per nulla
evolute
nel costante
mediterraneo pianto.
L’usuraio Scrovegni aquilino
fornisce
l’acquamarina
sull’immutabile tetanico ironizza.
Fiat almeno
un’asintotica
progressione
un calo
minimo nelle furterie.
Utopia puntino a piacere
su binari di
speranze parallele
voluttuose che all’infinito
però
si bacino longinque.
Ma se per tutta la vita
da una banda
prefissata
le rette
corressero parallele...
Perfino lo strame e i miasmi
tutto uguale
in eterna subura
nel buio vico
stabile ove piange
da millenni
la vecchia da nulla.
Scende l’angelo
è
scaduto il contratto
ha limitata discrezione a dilazionare
invece di cincischiare
usare bene
gli scampoli
spiace abbandonare
ora è
evidente
il
perfettamente
tutto previsto
nello zero
iniziale
addio logoi
care luci.
Parnaso e correlativi
Correlativi
Macchina d’amore
decamerona,
boccacciami!
Esondava pulpame,
l’oscuro
gaudio della carne
correlativo
oggettivo
mera la vita
che scoppia dall’arsura;
tempus
loquendi.
– Su, bello, su! –
dicevano, a
Padova, gli amici,
non
c’è altro credi,
nulla
è più misterioso
e adorabile e proprio,
i peggiori
sono i più
pervicaci,
non serve a
nulla ma scrivi.
Le cose belle e nuove
che ho
appreso quest’anno:
un atto di
forza, irruzione nella
realtà
ecce,
superlucratus sum
nella Palus
si generano tutte
le cose
ma c’è
il momento che
l’abitudine non tiene
et ce melange
de comique
e questo
cielo contemporaneo.
Creavano pittori
esistenziali
Circi
encolpiche
frangendo
pure il sipario d’orizzonte
d’arcana
bellezza intoccabile
congrua a
volteggiare
programmare
apax, routine.
E poi la
ragazza è morta.
Brandello di muro,
la casa
crollerà per troppa
rondine
quella
volando via …
Viole a
ciocche, colchici, corimbi,
invano attesi
ai porti il mio
veliero
ghiottone
isolato ai bordi
esisto per
stupirmi
organizzato
portatore di handicap,
un pescatore
di spugne
avrà
questa perla rara.
E frattanto nei Consigli rilassato
alligatore
terribili
occhi di lupo in sonno
speculante,
e mutavano
effimere le procaci
in monocrome
livide
ormai senza
onnipotenza, soppiantate,
bieche,
talune ora imploranti.
Opere incominciate e non continuate
più.
Ma l’avere
fatto in luogo di
non avere fatto
questo non fu
vanità,
assuefatti a
strani aperitivi
militanti
nella deiezione
silenti nel
nulla della ragione
ergastolani
non rinunciavano
all’evasione
dalle occulte
mani
così
totalmente disanimate
nell’aria
spasimante
questo seguitare una muraglia
che da tanta
parte
il guardo
esclude da Eldoradi.
Nulla fede,
display su questo
muro
perso il
ricordo del mattino
una depressa
vita in guardia
ai forni
perché
non si spengano
non sussista
maglia rotta
quando il
giorno più languisce.
Ecco malchiusa porta il varco
è qui
docile fibra
salta fuori fuggi,
va, l’angelo
è la tua
filigrana
maisempre
stampata nel ricordo
come
nell’occhio nero della rondine.
Ed io non so sub tegmine fagi
chi va chi
resta impazzito di
luce
diaspora
anagrammante paradiso
l’odore dei
limoni
illude alcove
poetiche
il sudore
umiliante dei contatti.
Un calvo ormai münchhausen
una corolla
di tenebre con noi
oltre la
volta di stelle così
vicine
sofisticando
palinsesto di scritture
sola
terribile compagna picciola
pompa del
cuore.
– E fu molta la dolcezza? –
– E la nostra
parte di ricchezza?
–
Esili venti, volatili cortesi
il Nobel,
presto
o mi
costituisco.
Poetesse invisibili giovani
chagalliane
vellutate
calzanti
l’erotico dolce scarpino
feltrato su
fiorami e indocili
castagne d’acqua
poetesse
nervose incapaci di
sedurre
acromegaliche in finta immagine
anoressica
gabellano un
portamento celestiale
nel Paradeison allestito
parsimoniose
arredando la scena
di pochi trampolieri
Scrittrici steatopige
ingrigite
anzi tempo
anguicrinite
disponibili
a mutarsi
nelle più trasversali
concubine in
attesa di cento
fiori
fuggite a
Taiwan rifiutate tacendo
sopportando
il nomignolo di cagne
Ammutolite come perse
sculture in
ocra
tentate di
volgersi indietro
perdute amiche
senza rimedio
nei lunghi colli
a causa
dell’errore irreversibile
per non
essere ombre
virtuose più che Euridici
obbedienti al
prescritto
per quanto
cedibili a lazzo
a brillante
sùbita risposta
ecco che invece imbastiscono
festoni e
glicini insistono birbe
ad
affacciarsi sulla platea volgare
interrompono
il verso
incuranti di rischiare
disarmonie
chiudono
così urticanti
quando l’amabile è secreto
il gran
pudore del miele apparso
anche solo
per un breve erroneo
bagliore
della lanterna di scena
Non è rilevante datare
il gonfiore
della loro nubile
manica
perciò
nemmeno classificare
la
lucidità dispettosa
della loro sconfitta
Non esercitazione filologica
persistente
cammino
lungo valichi
bassi intravisti
incalzate dal
seguito che accelera
anelante di
là
girovagare volentieri clandestino
barattando
l’intesa lo sguardo
l’ingenua
ciotola essenziale
l’acqua
attinta da loro in persona
e nella
ventura non danno confidenza.
Non meraviglia la loro fascinazione
sebbene sia
impossibile carpire
la lettura
furtiva che poi resta
volontà di precario
giullare
distaccata in
pagine minute
nelle
dispense a righe evidenziate
gioco ammirato scherzo concordato
svogliato
studio tempo dileggiato
per la
dilazione del furore
erta giovinezza d’inconoscibile
amore
tentato in
dazebao sognato in
muri
né
l’invidiata concentrata
assente
a infinito
occhi incantevoli
cernendo amor
l’intera lezione
e i capelli
bifidi barocchi
Da molti accetta ride ed è
mirata
per nobil
grazia sua fiamma narrata
dotte anelanti vi mutano coeve
insane
traduzioni vi confrontano
l’ammaliante
coronata lilla
altero il
crine ed esile figura
ilare il
tempo fugace da illustrare
poiché
sempre si evolve
lingua amata
e come lei
corolla muta.
Poetesse di armoniosi ideogrammi
negandosi
ludiche dileggiano
ottengono
rispetto e favore
per la corta
poesia
cortese
hanno il
grido stornano trafiggono
nello stesso
disagio pudico
dell’aspirazione
al disegno centrale
della vita
normale speciale
graffiano l’umile tendenza al
fiore
con licenza a
dono di profumo
silenti su palco fisso
mascherate
abilmente.