Senecio
     SENECIO

Direttore
Emilio Piccolo


Non si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze
Horkheimer-Adorno, Dialettica dell'illuminismo

Rivisitazioni, traduzioni, manipolazioni



Redazione
Sergio Audano, Gianni Caccia, Maria Grazia Caenaro
Claudio Cazzola, Lorenzo Fort, Letizia Lanza


Floriano Graziati
Scheda biobibliografica

  POESIS

  1. Prologo
  2. Prospettiva culturale
  3. Ne bis in idem
  4. H. CARM. 2. 14
  5. Principio di indeterminazione
  6. Pellegrini  e  stranieri
  7. Fata ducunt fata trahunt
  8. A verbale
  9. Beslan
10. Contemplazione
11. Epicedio per gli amici
12. Cantico 2005
13. La vita
14. La derivata prima
15. Contrasto
16. Il punto di vista
17. Tempo di vivere
18. Epicedio per un gatto
19. Eterno male

1. Prologo

Il tempo
che mi ha levigato
d'impalpabile entropia
lentamente persuadendo
anche me
al comune sonno senza sogno
(salvi fremiti
intensi e ripetuti
ma non liberatori)
a poco a poco
anche per me
spiegherà
l'elusivo pi greco della vita

2. Prospettiva culturale

Mentre il garzone ostenta l'orecchino
stolidamente conforme
e nemmeno sospetta l'annuncio in esso contenuto
di mozzo a servizio delle galee veneziane
con apposito nome d'arte,

l'ignara mi guarda sprezzante
perché pronuncio NIKE, come scritto:
quale rapporto si potrà mai istituire
tra le calighe alla moda
e la Vittoriosa
alata nel vento di Samotracia?
 

3. Ne bis in idem

…la tua anima accogliere
nelle mie braccia,
il tuo corpo stringere
nella mia anima
e scancellare, scancellare via
l'inesaudibile supplica
di riscrivere tamquam non esset
il nostro solitario, irrelato regesto
 

4. H. CARM. 2. 14

Ma sì, lo so; lo so da me,
senza citare
(Platone Paolo Schopenauer Nietzsche…):
insidioso il tempo tutto consuma.

Ma forse questa disperazione
– anch'essa cosciente –
per l'assoluto
così leggiadramente
crudelmente incarnato
e che senza senso si disfà
segna il supremo scherno
dell'identità – oh sì: levantina –
kalón kai agathón
che non sappiamo ripudiare
 

5. Principio di indeterminazione

Dal soffio primigenio pre-sentimmo
per nostro destino scritto nel D.N.A.
– homo sapiens sapiens –
che infine avremo imitato
la conquista del cielo
invocata nei miti.

Ancora tentiamo i sigilli
del gene e dell'invisibile
salpando per innumeri universi periodici
e tempo misurando all'uomo.

Così noi deìpari
indeterminati alla conoscenza
lungo il labirinto dell'episteme
e sorpresi nella pienezza dei tempi
cum solvit saeclum in favilla.

Insieme
l'amore profetato più grande
non invano
 

6. Pellegrini  e  stranieri
 

Pellegrini e stranieri
secondo il  mirabile tuo ossimoro,
Marguerite,
tutte le poete e i poeti
di  ogni arte e parte invero
inseguono da sempre i segni-sogni della vita 
e un poco li svelano e li contemplano e li toccano.
Infine li cantano, 
propriamente per te e per noi.

Qualcuno  di loro 
viene eletto lirico fra tanti 
a nostra arbitraria passione: 
per dire, Saffo e Alceo dalla cerulea Lesbo,
l’Anonimo del Cantico, Lucrezio veggente e
il Paolo dell’inno all’amore al pari di Catullo; 
quindi il pallido Francesco e il Foscolo magnanimo, 
l’equoreo Hoerderlin e Charles degli effimeri fiori 
fra i quali vive anche Emily.
E  appello ancora Rilke Rainer Maria,
Eliot Thomas,  Neruda Pablo
Montale Eugenio fino a Brodskji Josef e a Turoldo Davide 
e solo per il momento …

Io davvero non c’entro
e tuttavia resto assente e presente insieme,
per grazia indiscreta pellegrino e straniero 
assorto  nel puro e semplice silenzio 
complice delle tenere infinite aspettazioni …

7. Fata ducunt fata trahunt
 

Colpo empio su colpo empio
il maleficio arcano 
di Medea e degli Atridi 
si perpetua spietato e non sazio
lungo il caos degli evi 
si profonde accanito d’orrore 
per noi sgomenti scientisti-teisti 
su lignaggi e stirpi 
certo baciate dagli dèi ma
nella sorte tutte del pari inermi.

Giù giù, né Svevi o Ezzelini 
né Manzoni o Wittgenstein 
né Kennedy o Agnelli
pur consapevoli 
d’ogni novella sorta d’impetrazione d’esorcismo
scongiurano più della deprecazione vana di Cassandra
a riprova di tempo scienza rito
spazio fede prudenza
egualmente d’un colpo insani e pagani.

Le tue lacrime, stolta Niobe,
non asciugano il nostro tempus lugendi
né detergono l’occhio
né sollevano il velo che offusca la mente 
né rasserenano la risposta della vita breve
che non vivremmo senza amore
e non viviamo senza sogno.
 

8. A verbale
 

Donna abbrevia domina 
perché amore accende
amore dà, amore prende.
Passione dura 
finché l’intende 
la primigenia iscritta sua natura
quale vitale suprema fonte
che diretta incorrotta 
offre e sorprende corpo e anima 
trasalendo insieme.

Quando più non sanno 
né dolore né piacere
né rilancio né impegno né giuramento
né cura né affanno,
le sue scelte su te declinanti 
inerti posano
e quanto risoluta sollecita 
al tempo delle dolci premure
ora sé impavida difende
inconoscibile – sconosciuta.

Anche se non da te invocato
imperturbabile opera il Tempo 
la sua parabola 
cagionando acerbo esilio e rimpianto agro 
per la sacra persona per la giostra soave 
svanite ormai in semplice fumo 
in penoso oblio da te disgiunte.

Ma non ti voltare a mirarla, Orfeo.

9. Beslan
 

Nella scuola sbrecciata
l’incubo d’orrore raggruma
fiumi di sangue rosso 
e di gialla orina,
colati crudi 
dentro la plastica nera 
dell’olocausto blasfemo. 

Silenzio bianco di gemiti 
spegne la rabbia livida 
di fanciulli madri padri 
dannati e ribelli
a giusto nome d’innocenza 
e di sete vuota di misericordia.

Senza lacrime 
senza luce 
senza cielo 
nella sterminata polvere cinerea
urlano tutt’insieme
l’atroce invettiva-disperazione
“Perdio, perdio, 
che ne faremo di dio,
di dio terrorista
per strage d’innocenti?”.

Ma altra voce dis-umana
irride infuria ostile 
“Se dio con noi,
chi contro di noi?”.

Ora il clamore osceno 
angoscia d’apocalisse ostinata
i giorni sacrileghi muti
di lutto senza perdono.

Forse per l’uomo 
non sta più scritto da nessuna parte 
di giudicare la pianta dai frutti.

10. Contemplazione
 

Tu sapevi, Franco Sartori,
nella tua dotta e precisa lezione austera
che gli astanti discepoli affettuosi
involavi in cerchi ironici 
verso sublimi empirei
discettando di tragèdi o di Plato o d’Augusta Historia …

Da te deprecato e non temuto 
lo strappo osceno delle Moire alla vita 
s’è consumato 
nel filo umano della frequentazione 
severa affabile 
rigorosa amabile
a ricreare incanti conoscenze
afflati empatie approdi d’intelligenza.

Nel tempo a noi dato 
ora progressivamente 
davvero opprime 
e s-muore
la contemplazione di s-terminato silenzio 
sulla tua voce irrevocabilmente dismessa 
per la nostra ultima 
domanda inespressa
nell’arguto sorriso dell’enigma sospeso 
intravedibile solo in desiderio.

Notificato a te, a tutti
l’addio dunque sta propriamente qui.
A dialogo interrotto.

11. Epicedio per gli amici
 

Chi penserà il dolore e il destino dell’uomo
se anche tu fratello – filosofo o artista o poeta
o semplice amico reciprocamente caro –
ti lascerai sopraffare
dall’effetto di neve
che cade in candore e poi stinge 
annerisce nei colori d’inverno 
e ghiaccia le acque del lago
smorzando suoni e voci
fino al gelo acido dell’assenza?

Al mio telefono ogni tuo singulto ribelle 
erompe  dal turbamento dello spirito 
non rassegnato contro l’osceno 
d’oscurità e dis-ordine.
Segna senza paradiso anche tutti i nostri
sensi devastati 
per desolazione inesorabile della natura. 

Dintorno la leggiadria delle persone 
e la luce delle intelligenze 
e la coscienza del divenire e dell’essere
si spengono agli affetti più ambiti,
anche nel nostro dialogo intimo 
nella sua stessa  universale vicenda
solo momentaneamente interrotto.

È niente e tutto, Amico,
questo umano sentore del futuro fluire.
 
 

12. Cantico 2005
 

Il lamento di Job il Giusto non bastò a insegnare l’etica 
all’onnipotenza s-pietata e daimonica del Dio degli eserciti
tanto che assurdi credenti abbracciarono la croce del Cristo
implorando/contemplando l’assurdo della duplice natura 
geneticamente uomo-dio librato fra cieli e inferi. 

Dopo secoli nei secoli ri-viviamo ora la strana stagione 
che la devastazione del mondo rinnova
attraverso il guasto della stessa Natura
disvelata non più nel sereno ordine cosmico 
fiori erbe frutti animali
ma nel piagato fomite di calamità contagi cataclismi
infestazioni carestie catastrofi pestilenze pandemie 
esalate dal vaso tossico dell’amorale onnipotenza di Pandora. 

Il flagello resta dunque anche oggi largamente fuori di noi
non più che stordite comparse 
sbiadite nel tempo e
perciò estranee a salvezza-auto-redenzione
benché per libero patto umano 
forse ancora capaci
di accendere/consolare una perenne speranza.

L’esile nostra lusinga di comporre
l’umana incerta virtù in felice amorevole ventura
rischiara la notte ora vana nei miti disfatti.

13. La vita

Permango un uomo antico
dubbioso della stasi notturna dell’erba 
come del riapparire mattutino del sole
ma sensibile alle alterne vicende
di germogli e disgeli. 

Davvero non riesco a pensare
al vento vuoto
di quando la mia favilla
si smorzerà semplicemente trasalendo.

Nel “dopo” nascente
su preavviso o guasto o sconoscenza 
– la modalità non importa –
tempi e spazi invece
ripetono simili e plurimi 
altre stagioni d’erbe 
chiame d’animali
derive di nuvole 
fuochi d’affetti
e linfe di acque.  

L’eterno divenire dell’eguale a se stesso
solo psicologicamente affligge i mortali
con scandalo di poche lacrime 
se forse per certo
il “non-essere” rifugge dalla natura
che universale respira eterna.

Ogni singola identità invece
sembra geneticamente diligere 
non la presenza
ma l’assenza dell’essere – 
vuota impronta del
parassita vincente
insensatamente assiso
sulla mia molecola. 

14. La derivata prima

Alfine l’arbitrario universo polimorfo
conturba senza consenso – ammettiamolo –
quando la natura
a tempo scompiglia
ogni nostra più tenera
felicità omeopatica.

Questa derivata prima
nel cosmo lenticolare
congiuntamente sublima
moti e suoni
sfere e polveri
frattali e stringhe
in viandanti numeri irrelati.

Sorprendono insieme
residuali speranze di
personali punti di flesso – di fuga
lungo velati interstizi
su affettuose presenze
invocabili – sia mai ordinatrici benevole.

In queste dissimmetrie d’infinitesimi
le nostre saltuarie coscienze
declinano inermi/evasive
l’incognita
della funzione matrice
assegnata vivendo a ciascuno.

Se e quando, cioè, una plausibile tangente
sfiori e accarezzi gli umani orizzonti
eterogeneamente segnati di terra e di cieli.

15. Contrasto  

La  Natura paziente
sembra ora intimare 
ai suoi ospiti
gli avvisi  ultimi
d’apocalissi.
Nel frantumo dei ghiacci
gemendo i morti per acqua
al nuovo diluvio –
lamentando l’arso
delle rose impietrite
nel  deserto  
devastato di crepe. 

Invece
i figli di Eva-di Lucy
accasciano
sterili-violenti
la  polemica avida
priva del  senno numinoso
dei convivi  sereni 
dei  riti d’amore
dei reciproci giochi
nello stadio della Città
per cupe dissolvenze
incestuosamente negata.

Senza più  tempo di redenzione,
Madre,
ora che sto penetrando
i tuoi veli e profumi …

16. Il punto di vista

Nel giro dei tempi
non tanto la violenza fisica
preoccupa e raccapriccia
bruta e absoluta
quanto la forsennata fraudolenza
della Medusa funesta
che assale e corrompe
i puri e i giusti chiamati Abele.
 

Anche oggi l’opera al nero
di contro-comunicazione accanita
occulta connivenze mendaci
e somministra folate ipocrite
davvero sacrileghe che
avviluppano e insidiano a ciascuno
la vita anelata libera e bella,
giammai debellate sempre riproposte
seppur avvertite e perfino deplorate.
 

Proclamano dis-umane volta a volta
valori “superiori”, banche “etiche”,
commercio “equo”, sensi “spirituali”,
politica “imparziale”, diritti “ad personam”,
prescrizioni “egualitarie”, filosofia “personalista”,
produzione “solidale”, democrazia “popolare”,
scienza “normata”, pensiero “orientato”,
apologia “veridica”, sincretismo “unitario”,
esperienza “universale”, relativismo “nichilista”,
interessi “non negoziabili”, teorie “escatologiche”,
prove “apodittiche”, scelte “obbligate”,
coerenze “irrazionali”, apostolato “ecumenico”,
educazione “spontanea”, umanesimo “a-critico”,
presunzioni “assiomatiche”, partecipazioni “silenziose”,
dittatura “maggioritaria-minoritaria”, tesi “salvifiche”,
filantropia “astratta”, patti “virtuosi”,
vita-morte “inviolabili”, terapie “s-pietate”,
amori “platonici” ecc. ecc.:
a cascata,
sono tutti altri nomi 
dell’impostura rapace dei pulpiti
che peraltro sorprendentemente legittimano
una qualche vera e finalmente non contraddittoria
“poesia morale”.
 

Anche questa, si licet,
che dedico a te
piccolo e amato, forse sperduto e sconcertato,
figlio dell’uomo che vorrà vivere intera la sua vita.

17.
  Tempo di vivere …
 
Nessun paradosso dicendo
che per ogni vivente
il tempo sfuma ed esala
nel giro dell’identico oscuro morire
se l’intero cosmo
procede-implode
poliverso
nell’omega della natura
nuovamente aurorale e feconda
ad accogliere e riciclare il tutto.
 
Nulla  pretendiamo di sapere
di quanto è e ci attende
in quell’attimo laggiù
ma il pensiero
di rientrare nel grembo 
corrisponde alla
predetta metafora del ritorno
escogitata per il mondo fisico intero
e non ci toglierà
la misurata coscienza di un
infinito nexus
che intenso continui oltre la vita presente
malgrado tutto e inspiegabilmente
per clinamen seducente d’amore.
 
A partire dai viventi più prossimi
prima  dopo intorno
a ciascuno di noi.
 
Così davvero sia.


18. Epicedio per un gatto
 
 
Rambo nerobianco gattone
sovrano
(anche perché
preferibilmente appostato
a occhieggiarti dal fastigio
della credenza di cucina)
stasera non accorrerà più – misero –
al rombo della “Punto”
per ricevere il tuo amore e la tua carezza.
 
Un altro motore empio
lo ha centrato tra i fari sanguinari
a sottrargli vita e spirito sottile e ironico
nello struggimento para-umano
non davvero minore,
come quando ti esaminava
serio e compunto
prima di finalmente concedersi morbido
mulinando la coda
intento alla scelta del plaid
e a mordicchiarti la mano
per riconoscimento paritario d’amore.
 
Addio, felix felis infelix,
il vuoto che lasci esanime
mi trafigge il cuore.

19. Eterno male

Nel giro dei tempi
non tanto la violenza  
angustia  raccapriccia
quanto l’avida fraudolenza
che punta e artiglia
i ciechi mortali.
 
Anche oggi l’opera  nera
di contro-informazione
maschera ciniche spoliazioni
per ipocrisie sacrileghe
che insidiano a ciascuno
la vita anelata libera e bella.
 
Proclamano dis-umane aporie
volta a volta di guerre “sante”,
trascendenze “rivelate”, banche “etiche”,
“equo” commercio, sensi “spirituali”,
politica “imparziale”, diritti “privilegiati”,
imposizioni “egualitarie”, filosofia “conclusa”,
“solidale” produzione, democrazia “popolare”,
scienza “normata”, pensiero “univoco”,
apologia “oggettiva”, sincretismo “unificante”,
“universale” esperienza, relativismo “debole”,
“innegoziabili” interessi,  teorie “escatologiche”,
prove “apodittiche”,  scelte “obbligate”.
 
Collaudate perfidie insinuano anche
“variabili” logiche, proselitismo “ecumenico”.
educazione “coatta”, umanesimo “impersonale”.
“assiomatiche” presunzioni, tesi “assolute”,
dittatura “benefica”, partecipazioni “silenziose”
filantropia  “astratta”, accordi  “valoriali”,
destini “inviolabili”, terapie “costrittive”,
amori “platonici”, sapere “gnostico”,
paradosso “teologico”, pene “capitali”,
“giusta” giustizia ecc.:
a cascata, sono tutti
altri nomi dell’impostura dei pulpiti
sebbene sbugiardata
da qualche coerente
poesia “morale”.
 
Anche questa, si licet,
che dedico a te piccolo e amato
dubbioso e sperduto figlio dell’uomo
che vorrai vivere intera la tua vita.


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