1. Direttrici
poematiche
2. Riscritture
3. Nuovi
testi
4. Daysair e altre risonanze
5. Delos
6. Corfù
7. Di lontano
Direttrici
poematiche
Un’Atene
Smog o sfratto per
fondere giallo
e combattenti
scattano i semafori
templi di un’anima
meccanica
giovani in jeans
sfogliano l’alba
nello zaino gli
dèi stropicciati
da Luciano
scendono alla Piazza
Grande
nuovi dialoghi salgono
storie nella preluce.
Dentro
di
me
Dentro di me
c’è il tempo
che spalmava castelli
e pastelli,
le comete hanno
proseguito:
da grandi
sono le cose in disparte
a spegnere
i fuochi,
guardie distratte
studiano quanto
dista
la stella più
vicina
pur sapendo i titoli
spopolati
le ipotesi.
E l’affronto
dell’età
adulta.
Fotografie
Ne restano scintille.
Salmone insorto a false
parsimonie,
è il guizzo di
cristallo
il formidabile archivista.
Inseguo lo scatto
privilegiato
il volo sospeso sulla
tomba del
tuffatore.
Si allargheranno in tempo
le vie sensibili?
E se l’obiettivo sgrana?
Angoli
Lo spazio sottopelle
l’asfalto che invase
l’aiuola
o le meteore nel grano
dei volti
è così che
si ricorda
il passaggio di un
significato
il sedimento lasciato non
è
solo
Nauplia recuperata,
il legame conserva un
angolo
per ogni ritardo giunto a
traguardo.
Riscritture
Oggi fermo l’inverno
nel plastico
per saggiare
le immagini
disponibili
riempiranno
la platea di
giorni
distanti?
Rimontando il
tratto
visibile
mi chiedo
se a
impressionare
l’anima-lastra
sia il calco
dell’alba,
preistoria o
postmoderno
a parete,
o quel pugno
di mare che
gira
da un capo
all’altro del
sangue,
un crescere
piano di
vedute,
la sabbia
è vapore
che
al mattino
raggiunge gli
occhi
ogni terra
riparte da
lì,
entrando
nella bocca
l’aria forma
gusto
e desiderio,
la nervatura
delle
sillabe,
la casa
scelta a dimora
riscrive i
passi
cancellati da
altri
non scantono le teche
in memoria
a stringerci
ora è
la
spremitura dell’abitudine
a coscienza,
l’invisibile
bagaglio
incollato
sulla fronte,
c’è
ritardo sotto
la fodera
quotidiana
registro gli
orari:
eravamo nella
lista dei
partenti,
segreti in
espansione,
causa
lo scambio
cellula –
gloria centrale
in fase
d’apprendimento le navate
sono avvolte
nel cellofan
dei
versi
cose amate,
il tuo
universo stampa
anime
l’inchiostro
è il
sonoro
non
svaniranno,
comunque ho
addestrato i
miei
ladri
non aspettate
che le voci
affiorate si
oscurino
la tua mano in
sospensione figurativa
recinto di
risposte pronte
carezzate con
l’olio
dello sguardo,
viscerale
rinvio,
tracce d’erba
nel cuore
asfaltato
quando sento freddo il
continente
marino scruta
la terra in
attesa provo
a posare
giardini
tinture
ascolto ali tese nelle
arterie
tu fa’ il
vento
abbassa
accenti sulla
pagina:
le parole
promettono di
segnare
la testa
con
perché
la pressione
appiattisce il tempo
sul foglio
ma non
è
sufficiente:
fuggono vite
tra le
ballate
dopo i giochi
dispersi la
domanda
è cosa fare
per salvare
una stagione
tolta
dal calendario,
tu amore dipendi dal
ponte estati
trascorse –
contagio di
chiaro
il
collegamento prevede
l’aerostato
a sbarco
improvviso sul
centrocittà,
perché
l’occhio si
gonfia
di immagini?
Portano
indietro
dove stai
protetta da una
fiammata
i magazzini cerebrali
smuovono
geografie ricordo,
qualcosa si
stacca sempre
amato
e apolide,
giorni
assottigliati
a labbra
sulla nuca
posavi il
parco oltre la
finestra
il lenzuolo
ritagliava
sole
su di noi
tardo settembre
indovinavi
l’accordo vene
fiala
d’azzurro
quanto è vasta
ora
ogni volta
che mi hai
amato,
scopro la
corruzione
delle giunture
allora seguo
lo
spostamento della
luce
sui tuoi anni
l’impatto e
il volo,
giocherò
nello
specchio
dei segni
per
sconfiggere lo scarto
presente-passato
storia partorisce una
striscia
rossa a dicembre
l’anabasi
scende al seme
delle
canzoni,
granuli o
generazioni,
il tempo s’infila nei
comparti
di luce e pioggia
si lega ai
minuti,
felicità
che non
resistono,
l’alternanza
stagionale
impazza
foglia su foglia
chi passa
senza traccia?
Lo credi? Vieni come
in viaggio
porti quello
che è
rimasto
fuori
non abbinato
il mio campo racconta
materie
prime
canti di
prigionieri,
qualcosa
mi tiene
e mi fa
sentire il resto
che
tace,
l’inserzione
della neve
nelle
vertebre,
il cuore
fondatore della
vista
mi spiegavi
vola alle sue
ferite
d’acqua,
quanto basta
per
assolvere la
morte
farla passare
alta
sulla vita
ti scrivo dal nido
delle pendenze
decifro il
chiaro immerso
nel
bosco
del
fiato,
strade
già corse,
forse ora ci
appartengono
come
latte nella gola
scorrono
ancora
come sai bellezza
punge senza
stringere date
un moto
antico solleva
Margherita
di Brabante
le ruota il
capo verso
l’estuario
pronto
alla prova di veggenza
chi muore
è telaio pulsante
somiglia a
encicliche con
la
serie dei conversi
pensa ai mesi
dell’Antelami
le
facce-misteri medievali
il magnete cardiaco
punta il nord
permeabile
la parabola
nascita-scomparsa,
è
facile che nelle
fessure
premano volti
accostano le mie
finestre
salgono a
trionfo e
lasciano,
stridore
lieve della bocca
a contatto
con l’arancio
vivo
primavere a lavaggio
rapido
mi tolgono
colpa e merito
il campo
oculare si
allarga
e insegue il
sole
sparpagliato,
ma quante
isole ha
l’arcipelago
che parte dal
cuore?
Non lo
sapremo mai
Il cestello della
riproduzione
gira il suo mucchio
di grazie
radianti,
interviste
con le nostre
anime
(ore in
circolo)
Lorenzo de’
Medici volge
a rima
i tuoi passi
non
meravigliarti
qualcuno avrà
l’elenco
delle tue
incarnazioni
il fondo del
vento
il premio ricevuto dai
poeti?
Ballatoi senz’argine
su pozzi
fondi,
voci-monete
per
acquistare all’impronta
la parte
consumata della
vita
bisogna essere
lì, oltre
i metri
raggiungibili
a piedi,
per radicare
le cose
cadute a zero
nell’occhio
o restate in
disparte
come figli
sconosciuti
in ogni giro della
mente va smarrito
quello che
abbiamo visto,
l’esperienza
che non si
è unita
a queste
ossa
cosa avanza della
fioritura? Stanze
leggere
sollevano
radici a
inediti,
conservi
ancora come
biglietto
scaduto
il manuale
dove studiammo?
Luoghi liberi,
un’indicazione
messa appena
sotto le
nuvole,
ora la cenere
è
incendio
guida il
respiro tra le
costole,
allestivi
l’insegna
intermittente,
clorofilla e
ombra,
vedi ho inserito
l’auricolare
ricostruisco
partendo dai
primi gradi
di temperatura
ho già
predisposto
il
cavo scoperto,
lo senti in
vena
l’inizio-vita?
Dispone
ingranaggi
perfetti
gangli midollo
non so mai la forza
dell’acqua
(ruscello o
tempesta)
quando scorre
sotto
l’orto della
pelle,
il resoconto
in agenda
dice nomi
in gola,
papille di
canzoniere,
spegnevi
l’allarme:
quando ti si
spezzava una
miniatura
fra le mani
ti limitavi a
schiarire
lo specchio
sulle labbra,
è
uguale quando il
vento
sostiene
rondini nere
con gli
acuti da
salvare
invidio la
libertà del
porto il momento in cui predilezioni
sconfinano
nel mare aperto
nota la
rapidità ombelicale
con cui
nell’Odissea gli
aggettivi
fanno tutt’uno
con la voce
Feaci
somigliano
all’abbinamento mattoni-casa,
calamite
cancelli:
impediscono
la rimozione
di nostalgie
la parola rimane lago
o abbandono
hai fatto
caso che
l’ombra si
incassa sempre
nella
separazione tra le
pagine?
Zona capiente,
emergono
tracce di un
ordine
impresso al sorriso,
così
oggi porti in
superficie
canzoni di donne
ci unì
l’emozione
chiederci
cosa creare e
lasciare
senza scampo,
prendevi
sonno in
territorio
imprendibile
come luce
sott’acqua
ancora resisto alla
terraferma
io lettore
svolgente
il gomitolo
della
coscienza bergsoniana.
Verbi al presente:
giochi nelle
officine dei
versi
non trascuri
l’infiltrazione
del sacro
l’età
laurenziana
dice
la grazia che galleggia
quando muovi
le dita a
plaudire
giostre
mi portano
diapositive
fermate del tuo corpo
bilingue,
celia e
giorni senza
interni
nell’archivolto
della
veste,
la
circolarità del
passato
getta fuori
la bellezza
ingoiata
la vocale fa
presa sulla
bocca
e non ha
spessore, non
serve,
tutto ha
diversità
di
respiro
di profilo
ti solca un
fischio
sottile
meridiani,
linee
immaginarie,
è
dovuto alla
riproduzione
in atto
o forse
vela
verso l’isola
di Alcina
non mi basta vedere la
scia dell’aereo,
avverti,
sono tra gli
esordienti
tento
l’impresa
il sensore ti prende i
tempi segna
Simonetta
Vespucci
Lucrezia Donati
Alessandra Benucci
metti mano tu
stessa ai
cataloghi
purché
siano
antologia
viva
si avvicina il cuore
nella
galleria
tempo-spazio
il corso elenca
biografie in dépliant
sfilano treni
rinascimentali
finiscono
alla cieca
nella guida,
togliendo il
bavaglio
della copertina
restituisci
il mondo
preso insieme:
mi traversano fari a
getto costante
direttamente
mi ammalo di
impressioni
anatomiche
distinguo i
grumi il blu
bendato
sui tetti
srotolo il diario
sull’orizzonte
fuoco disteso
galleggerà
fino
allo sparo
all’assenza di orme?
Oggi accendi il
titolo-città
mettete ogni
cosa in
vista,
versi fuori
il bianco del
palmo,
usi misure da
ospite
passeggero,
le cadenze di
quegli anni
vivono
nella
staffetta sorriso –
devianza,
ronzio di
congiure e
fusione
in versi,
la strofa
imita la
lunghezza
delle dita
abbiamo tasti
precisi
per toccare
l’inconnu
La densità del
volo si
vede all’atterraggio
quando la
vita è
sul lungo
finale,
oggi chi
muore mi entra
nell’occhio
per linea
retta direbbe
Dante
(mi aiuta ad
amare),
quando l’uomo
rinascimentale
scende dalla ribalta
ha lo stesso
azzurro che
ci gronda
sulla schiena,
lo avverti?
Nel monitor poetico
Lorenzo si
muta in girasole
per
rivederti,
ma è
l’occasione
che attiva
episodi già vissuti,
è lo
stesso quando
bambini
corrono
oltre i vetri
e manca il
sonoro.
Misura il tempo
d’apertura delle
valvole
il filo
scoperto del
cuore,
il punto
d’attacco alla
memoria
è solo
un giro
sotto l’esistente,
riconosci
l’impronta
della storia
le offerte?
Sono
ciò che ti
è
più vicino,
sei tu sono io
altri mattini
ci incoronano
e ci
lasciano
con la stessa
frammentazione
della pioggia,
all’aperto le
precauzioni
cedono
sempre,
come la testa
quando si
drizza
investita
dall’atmosfera
masaccesca
l’occhio-contenitore
feconda l’ognidove
il verbo ci
siamo stati,
non basta
qualcuno che
proietti
il film di
com’è
andata
ci vuole chi
alza la
sigla finale
a presidio
d’amore
poesia pesca cronache
che sembrano
già
assegnate
quale punto
del sangue
è
fermo da essere tuo?
Eppure
è lì
con
te
poesia
riprende il sogno
e ruota
il petto:
entrano
giovani da
oriente e
occidente
qualcuno
potrà mai
contarli?
Ho promosso alleanze e
invasori
l’infanzia
dell’anima
nei
polmoni-custodie,
sottoposta a
radiografia
la retina
serba
annuncio e perdita.
Stralcio da quelle
vedute esplose:
nuotando tra
i
mattoni
(nostri moli
di base)
tirar su la
verticale
e dare volto
a quanto
è
sfuggito
mappe incise
nelle mani
mondi privati
cos’altro sarebbe,
altrimenti
il morire che
ci ha
preceduto?
Una parte di
noi
il ventaglio oculare
trattiene
il battito regolare
di un mare lontano,
allora ti chiedo metti
gli approdi
a dovere,
ci andrà bene
se nessuno sventa.
v. 173. “nota
la rapidità ombelicale”: il rimando è allo stile
formulare
impiegato nell’Odissea, che usa aggettivi e sintagmi di rapida
memorizzazione:
ad es. in Odissea V, 386; VIII, 96 e 535; XIII, 36 i Feaci sono
definiti
philéretmoi (che amano i remi), in VIII, 369
dolichéretmoi
(dai lunghi remi); Odisseo è (polùtlas) dios
Odusseùs,
il ( paziente), chiaro Odisseo.
v. 216. “Simonetta
Vespucci”: Simonetta Cattaneo Vespucci (1453-1476), forse amante
di Giuliano de’ Medici, modella, fra gli altri, del Botticelli (la
celebre
Venere) e di Piero di Cosimo, ispiratrice delle Stanze per la Giostra
del
magnifico Giuliano de’ Medici del Poliziano. Il Comento de’ miei
sonetti
di Lorenzo si apre con quattro sonetti composti per la morte “d'una
donna
[Simonetta Vespucci] che non solo extorse questi sonetti da me, ma le
lacrime
universalmente dagli occhi di tutti gli uomini e donne, che di lei
ebbono
alcuna notizia”.
“Lucrezia
Donati” (che nel 1465 aveva sposato Niccolò Ardinghelli),
partecipe
delle feste della brigata medicea, fu la principale ispiratrice della
prima
redazione del Canzoniere laurenziano. Tale legame poetico fu ostentato
anche pubblicamente. Lorenzo ventenne le dedicò la vittoria alla
giostra del Carnevale del 1469 in piazza Santa Croce. Pochi mesi dopo
sposò
Clarice Orsini.
v. 216s. “Alessandra
Benucci”, vedova di Tito Vespasiano Strozzi, amata e segretamente
sposata
da Ludovico Ariosto; collaborò alla revisione linguistica
culminata
nella seconda edizione dell’Orlando Furioso (1521). A lei che dal 1513
gli fu ispiratrice sono dedicati tra l’altro il proemio dell’Orlando
Furioso
(I,2) e la celebre canzone I dalle Rime, “Non so s’io potrò ben
chiudere in rima”, in cui il poeta narra la storia del suo
innamoramento.
v. 246. “oggi
chi muore mi entra nell’occhio”. Nel Convivio (II, 9) Dante teorizza,
da
un punto di vista fisico, il caso in cui “più cose ne l’occhio a
un’ora possano venire”: in tale ipotesi “quella che viene per retta
linea
nella punta della pupilla quella veramente si vede”. La vista in retta
linea è l’unica che si suggella nell’immaginazione ed è
mezzo
principe dell’innamoramento. Nella Vita Nova (I,V) era stata la prima
donna-schermo
a interporsi nella retta linea tra Dante e la gentilissima.
v. 252. “nel
monitor poetico Lorenzo si muta in girasole“. Nel citato Comento
Lorenzo
si paragona a Clizia, “tornalsole da’ Latini detto clytia”.
Poiché,
adattando il mito, l’orizzonte (la morte) ha tolto a Lorenzo-Clizia il
sole (Simonetta Vespucci), solo un’altra morte, quella dello stesso
Lorenzo,
“renderà il Sole suo [Simonetta] a questo nuovo Clyzia [Lorenzo]
come l’Aurora lo rende a Clyzia già convertita in fiore”.
Nuovi
testi
L’adolescenza
di uno stupore
Il
Partenone entra in un solo ramo
del
pensiero
perché
è eternità senza veli
corrente
ascensionale
è
diretta l’eco delle colonne sulla pelle
le
metope ancora sotto sforzo
di
bianche machìe,
rive
sopraelevate,
vi
nasce la pietra
e
il suon di lei:
qui comincia la
riproduzione
non interrompere
potresti certamente
scordare
il giallo dei frutti
il blu che brucia le sere
il marmo che rifà i
confini
e le imboscate sotto le
mura
gli dei astanti le
biografie
oltre le onde.
In
questa legatura di rovine perfette
non
è abitata
l’idea
che
qualcosa parli di noi
Capodanno, con proponimento
cosa
fare perché giunga veramente
l’annonuovo
(e non sia un altro valico inutile):
in
luogo di straordinari
pagati
per affossare diaframma
e
regioni pelviche
(incluse
fantasie riproduttive)
inamidare
l’assetto rigido
in
previsione di altri esordi,
la
possibile stagione del cuore lanciato
o
spingere poesia verso una lingua che salvi
ambigua
(se
vi capita il primo stasimo dell’Antigone decidete
voi
se
l’esistere dell’uomo è stupore
infinito
[1]
o
minaccia di un mistero).
In
tema:
antichi
racconti del sole hanno cresciuto
alberi
in fondo al mare
ma
non dicono dove il verde
cede
all’azzurro,
dov’è
l’adolescenza
di
uno stupore.
Creta
tornano
a confabulare palazzi e palmeti
l’isola-anemone
aderisce al capezzolo marino
come
l’apice emerso di un azzurro
nell’acqua
scrivi parole
profili
da innamorare senza rumore
entri
nella nervatura di una civiltà
questi
sono i pithoi,
contenitori
vuoti
perché
ora dentro c’è solo il tempo,
ombre saltano
le
ultime barriere ma si bloccano
davanti
al tuo piede d’ocra
nel
pronao,
oggi
ti fai baluardo di un nome antico.
*
un
cartello ammonisce l’automobilista
furioso
(se tarda al lavoro
non
può rifare l’Italia)
lascia perdere
il mito della fondazione
neppure oggi hai vinto
sei rifatto da lifting
e opinioni bevute
griffe e dietrologie
di quest’era piovuta,
non è neanche certo
l’happy end per fiction
interminate
hanno anche tolto l’esame
per diventare adulti
emancipandosi
dalla madre terrificante
[2]:
al prossimo bivio troverai
la Sfinge di Tebe
schiacciata
dai suoi stessi enigmi
dammi retta
scìvolati a
brezza
per un sì pieno
a questo ritardo
così mal custodito,
così poco amato.
[1]La
citazione in corsivo è una ripresa da Antigone
(1° stasimo, vv. 332-33), nella traduzione di E.
Cetrangolo (l’esistere del mondo è uno stupore
infinito),
in contrapposizione, ad esempio – nell’ambito della teoria di
traduzioni del
testo sofocleo – a quella di E. Savino (pullula
mistero. E nulla più misterioso d’uomo vive).
[2]La “madre
terrificante” richiama la nota interpretazione
junghiana della Sfinge come rappresentazione archetipica dell’imago
materna.
Daysair
e altre
risonanze
Daysair
(due
dialoghi
a margine delle Women of Trachis di Ezra Pound)
[1]
I
Sono
tornato.
Apprendo dal coro
che
l’attesa qui ha
mineralizzato
storie,
le hai
strette alla tua legge
sacro
vincolo e
usura
impermanenza
e
tempio.
Nella
tua carne di
donna,
avanguardia
del
tempo,
sei
fiorita con
caviglie inquiete
per una
veglia
ammiccante.
L’unico
spostamento
è
l’onda che mi ha
riportato,
qui
invecchiare è
virtù dormiente
nel
fusto
ma non
si sa quando
accade,
né
chi muove prima
tra un
respiro e la
morte.
Inesorabile
non è
l’epilogo tragico
della
tua fedeltà
ma la
stasi di ogni
commercio.
Il
segreto è
annuire delirando
per
questa
destinazione sopraffina
che
setaccia e
cestina
ogni
precedente.
Quest’oltreterra
ha
saracinesche sempre aperte
si
fraternizza con
le specie
si sta
immutabili
come alberi,
vivere
dura molto
più del lavoro
e del
riposo,
non ha
ritorno.
II
I tuoi
fatti prima
di nascere
rotolano
insieme
nella conchiglia
l’umore
d’agosto ha
migliaia d’anni
Trachis
è tana dove
si annulla
ogni
genere di
morte,
lo dice
una piana
incollata dal sole
farfalle
folgorate
dal
lampo ali
piccole
mani
ritagliate
se tutto
si posa
qui è come laggiù:
i piedi
scalzi sul
bianco del caicco
l’incuria
di archi
disossati
lungo la
costa.
È
fermo il mattino
come un
telefono
che non suona
perché
staccato.
Sono
qui, Daysair,
non
ripetermi più
il tuo
mezzogiorno-assolo,
l’ossessione
di
riconquistarmi,
e
l’oltraggio della
mia parte oscura
che
potrebbe
crederti vendicatrice
giusto
in tempo sono
solo,
nulla
è trascorso,
eccomi
per questa
tua fedeltà espansa.
Iole
il
domani
il
destino
non
verrà mai.
Sicilia
L’allenarsi
dei
flutti rifà
la
sagoma del porto
l’avidità
dell’ora
lima i fianchi
alle
barche-corpi
di un canto,
beccheggiano
come dubbi
le auto
mettono in
moto la fiera dei tigli
che
fanno
segnalibro
a una
strada
cittadina
come
tanti figli in
piedi, ordinati
lontano
dalla riva
c’è
l’allungarsi
del vento sulla pelle
nella
vela-ramo
d’arancio sul foglio marino
si
gonfia sordo
- capelli di serpe e spighe di grano -
l’enigma
di Medusa
(meridione
del
mito)
lo
sbattimento
delle drizze cadenza
l’apparizione
dei
paesi costieri
letterature
improvvise
che ti
girano la
faccia
numi
invecchiati in
una lontana striscia
di
sabbia e zagare
che ora
sale e
scende
dai tuoi
occhi...
Tornano
scene da un
giorno incompiuto
(itinerari veneziani)
Galleggiano
le
gallerie
dell’Accademia
memoria
utilizzata
da tutti
a
Venezia provo a
guidare
un’altra
vita
rimasta in rosso
pesco
linguaggi
alla fonda
e
fonderie, ma il
primo ghetto d’Europa
separa
da arnie di
luce comune
Murano
genera anime
di vetro
la
Serenissima
controlla un ognidove
tornano
scene da un
giorno incompiuto
Tiziano
snuda la
Venere celeste
è
nudo il seno
della cortigiana sul ponte
Veronica
Franco
scaglia duecento versi
al suo
offensore,
m’aggiro intonacato
da
indiscrezioni su
di lei
“m’interesso
di
poesia”
premetto
prudente
poi,
come una
verità,
sfilo il
mantello
e il
viaggio fugge:
togliti
la bauta
donna nel miele
del
palazzo
non vedi
la tua
vita sbattere ai vetri?
L’ombra
a cui ti
unisci per celia
il
timbro che hai
adesso
diventeranno
storia
avara
finito
il carnevale
e
sarà
irriconoscibile
questo tempo doppio
[1]Daysair (due dialoghi a margine delle
Women of Trachis di Ezra Pound), prende
libero spunto dalla versione-reinvenzione delle Trachinie
sofoclee ad opera di Pound, dove la stessa protagonista
Deianira diventa Daysair (“aria del
giorno”) e Iole, la rivale, è Tomorrow
(“domani”).
Delos*
Qui a Delos fu il primo viaggio con te.
I leoni guardiani stanno ancora lì
salini, asfissiati.
Veniamo a cercare
un inchiostro appena leggibile
sotto le lancette dei piedi,
un Apollo minimo,
o il polso di animali tuttora
proni al sole
in un beato castigo.
Correre verso un passato
fa sbandare i conti
aumenta sensibilità agli esterni.
L’Agorà di Teofrasto ti girava intorno
con dogmi e dissolvenze,
alla rupe di agrumi
inciampi in traiettorie scolpite,
in un perché qualunque.
Le concordanze marcano:
furono scintille
in cui c’ingabbiammo.
A saperlo non le avremmo accese
oggi,
noi profumi spogli
dei ragazzi che eravamo.
*Cfr. M. Righetti,
Il seguito mancante. Prefazione di V. Serofilli. Postfazione di P. Perilli,
puntoacapo Editrice, Novi Ligure (AL) 2010, p. 91.