Amore
è dio di pace
Amore
è dio di pace
Nessuno
l'aveva fatta leggere nelle scuole
ai
ragazzi morti a vent'anni nel fango delle trincee
o
tra le foglie marce dell'Indocina. Avevano preferito
stampargli
a forza nella testa, ogni benedetta mattina,
che
il Re è buono, e il Presidente è democratico,
sebbene
repubblicano, che la Patria è santa,
più
della mamma, quasi come la Bandiera, i nomi
dei
monti che separano Stato da Stato, frontiera
da
frontiera, le capitali e i capoluoghi delle Nazioni
e
delle Regioni, gli usi e i costumi, le lingue e i dialetti,
le
cartine e le popolazioni, sempre chiarendo bene
che
i Cattolici non sono come i Mormoni, i Cristiani
sono
diversi dagli Islamici, e i bianchi dai neri,
seppure
qualcuno ancora sostiene che anche questi
ultimi
siano esseri umani.
Nessuno
l'aveva fatta leggere nelle scuole, nessuna
savia
maestra, nessun solerte insegnante, nessuno
la
fa leggere neppure adesso la poesia di Properzio:
«Amore
è dio di pace; noi amanti veneriamo la pace;
a
me, per me, bastan le guerre con la mia donna».
Troppo
ardito il concetto, troppo lontano, alieno
dal
Programma Ministeriale. E poi, sostenevano e
sostengono
alcuni impeccabili docenti, gli allievi
non
sono pronti ad assimilare parole pericolose
e
nocive come «amanti». Anche il concetto di guerra
e
di pace è prematuro, destabilizzante. Meglio attenersi
ai
dettami antichi dei libri. Sono troppo giovani, gli allievi,
in
buona sostanza, per parlare loro di concetti complessi
quali
tolleranza e amore. Sono perfetti invece per fare
da
carne da macello, per la prossima guerra, vicina
o
lontana, esplicita o camuffata. A quello scopo
la
loro preparazione è perfetta, completamente adeguata.
E
l'idea di morte, data o sofferta, lo dice la Preside
in
persona, lo conferma la Storia, l'Etica e finanche
la
Filosofia, è insita, innata, garantita: sparare,
o
farsi sparare, è un sacro diritto di ogni uomo,
di
ogni vita.