Annullare il tempo (L'etrusca la Morte l'Amore)
LA DONNA Non avrò pace finché passi curiosi
calpesteranno la mia gente
(presso la spiando tra le porte del sonno.
necropoli
di Orvieto) Sono stata donna presa d’amore e deprivata.
Un male arcano colpì il mio Lucumone
inghiottito dalla macchia
prima di chiudersi per sempre al Sole.
Ancora lo chiamo e non ho pace
e lo cerco tra boschi, pietre e strade.
Era sovrano d’ordine e saggezza
e questi muri fece costruire
per dar riparo all’oltre vita.
Forse il veleno d’infidi servi
o quello tremendo d’un dio invidioso
lo tolse a me che vago tra i millenni
e piango.
Se taci e con rispetto t’addentri
nella notte degli scavati tufi
udrai il lamento d’uomini e donne
dal nome inciso nella pietra
orfani d’un capo senza il nome.
Sepolto dalla storia, ha tratto con sé
il segreto
l’indecifrabile segno
l’arcano suo e di noi tutti
che siamo stati suoi e della Tuscia.
LA DONNA Smarrisco tra pareti d’aria
(a Fiesole presso e in alto il cielo.
i ruderi del
tempio estrusco) Tocco le pietre del Tempio
che in vita fedeli calpestammo
calde di Sole
e il tuo nome mi sale in gola
trabocca, ferisce…
Sono svenata di lacrime e vigore
dagli dei condannata
a non trovarti:
che strazio sentirti dentro
respirarti dall’aurora
accogliendoti al crepuscolo
come orizzonte il Sole, e non trovarti.
Rivelati !
Non lasciarmi vagare
dentro angoscia di secoli
muti d’una tua risposta.
(alle rovine Ancora saldi i sassi dei nostri vincitori
romane) forte il disegno dei loro templi
e l’anfiteatro sapientemente
moltiplica la voce.
Ma la loro è per sempre ricacciata
nella gola della Storia
e non sguaina più acuti di vittoria.
Ora calpesto rovine
dove un tempo colonne superbe
m’intimavano di chinare il capo.
E piango la ferita d’un popolo
umiliato dal gioco di eventi
dai gradini corrosi.
Sul caldo mosaico del pavimento
una lucertola e il mio sguardo
percorrono il fregio
interrotto dalla caduta degli dei.
(invocazione Elevo il mio cuore a te
al Sole) ombelico di fuoco dal battito perenne.
Il tuo sguardo ha scrutato il tempo
la vita la morte
i pensieri e le gesta dell’uomo
scaldando ogni amore.
Tu hai veduto dove il mio signore
ha finito il respiro
cedendo il corpo alle tenebre…
E io non c’ero.
Non c’erano musica e inni
a onorarne il passo.
Ai miei occhi
concedi la luce che varca la notte
e al mio peregrinare
verso i campi arati dai tuoi raggi
la guida.
E nella sera un’ombra
dirà del ritrovato abbraccio.
CORO La pietra cha oggi varca il tempo
è casa
e ancora può franare
le pareri sgretolate nel boato.
Cede alla sfida della luce
che alza i muri tra i pianeti
aprendo le logge e i suoi balconi.
Il Sole non tramonta dietro il nulla
e rapisce solo con l’incanto:
rimonta al dorso dell’aurora
e spalanca il cancello della vita.
Offriti e vivi e in Lui ritrova.
LA DONNA
(fusione nel Sole) Incendiami con i raggi del tuo fuoco
l’essenza divorata dall’amore
fammi torcia di Te
che brucia i gorghi
degli anni faticosi.
Incontrerò l’atteso
e col suo abbraccio
fonderò nel nostro tuo calore.
CORO L’amore si ferisce se si tiene
finale e nell’offerta vive.
Consumata nel Sole
la donna all’amato vien ridata.
Alla donna
ridato.
“Sono
dell’Argentiera,
Sirio
Vittorio Licia e Mario
in
palestra fra i miei rami.
E
i frutti, cena, col pane
cotto
in casa.
Oggi
le
loro grida il loro sangue.
Io
come
il fico del Vangelo
la
mia linfa isterilita
dalla
zampata della belva.”
*Da Mai più.
Testo poetico di M. Carraroli. Fotoelaborazioni di L. Ricci, Florence Art Edizioni, Firenze 2008. Dedicato ai
martiri di Sant’Anna di Stazzena, al loro sangue innocente, al sangue
di ogni
martire.)
Allegria stretta dal nastro
blu dolente del fiume
occulto cilicio
sotto veste di sorriso
sotto applausi di palchi profumati
e riunioni d’osteria.
Dentro tasti di pena
gemme d’Improvvisi
a schiarire il viaggio d’inverno
condotti per mano da Fanciulla
alla Morte senza timore
arresa.
Un’altra Città
fu la compiuta mèta.
*Cfr. M. Carraroli,
Trittico. Premessa di G. Baldassarre. Lettera di un musicista di G. Fricelli, Florence Art Edizioni, Firenze 2016, p. 14. (
ndr)
Nella corteccia incidevo
da Viaggio d’inverno – Il tiglio
Dolore dopo dolore
tormentano gli anni il tronco
poderoso
dal vento scavato
dello spirito.
Lo riempirà la Morte
infaticabile nero specchio
del silenzio della musica.
Poi dal silenzio
immortale si leverà il Canto.
*Cfr. M. Carraroli,
Trittico. Premessa di G. Baldassarre. Lettera di un musicista di G. Fricelli, Florence Art Edizioni, Firenze 2016, p. 22. (
ndr)