Crepitio
Storia che improvvisamente si chiude,
illusione delle necessità di specchi
e crepitio sommesso di profumi.
In un mondo senza permanenza
ho il mio conio in consuetudine
per aver cercato Dio anche nel brivido,
mentre l’ultima vestale ha profanato
il tempio promettendo occasioni,
rifuggendo il respiro.
Il volo di un gabbiano scandisce
riaffiorare linguaggi già interrotti
mentre rallento ogni passo
temendo di cadere.
Ecco che il demone ha deviato il dubbio
nel vuoto che hai dovuto creare
Baccello
Vorrei credere adesso! Dove si ritrovano
turchine officine di abbandono,
lo scoppiettare in gola di un tormento,
i suoi pensieri selvaggi nell’affanno,
l’ansiosa bocca riportata al petto,
sopra uno scoglio o tra le rive accese
morbida forma di coppa spumeggiante.
Finalmente immensa piramide
voglio sciogliermi e diventare nettare
in deserto, strano grembo,
perché le pietre si stacchino
per seppellire la macchina di ferro
che tempesta i miei giorni.
Ruota traverso i capelli fremente
il battito furtivo come trottola
sino a farmi scoppiare all’improvviso
quale risposta delle allucinazioni
serpentine come fiore strozzato.
Il vigoroso sogno del dubbio
che di nascosto cerca di insidiare
il bocciolo serrato tra le labbra
vibra come sciame di vespe.
Druido arrotolato nei baccelli
inseguo una rossa luna ormai fuggente
lanciato come spruzzo nelle riposte passioni.
Ruit hora
Il tempo non si allenta per le assenze
nel suono indispettito delle crepe,
come punto distorto di un respiro
che l’antica gloria incise negli allori.
Ormai anche l’alito di remote presenze
vorrebbe rincorrere la bianca meridiana
e grugnisce a stagioni che non torneranno,
inutili conchiglie che sfidano le attese
nel passo felpato della nostalgia.
Ogni giorno noi siamo il passato
perché il passato è in noi dalla cruna incrinata,
distante un cielo vuoto di speranze
che accettano ancora promesse.
In malvage vertigini illusorio abbraccio
nella mappa di giogo dalla sfrenata voglia
di un disvelamento che spogli nullità
e non permetta misure nel mistero