Senecio
         SENECIO

Fondatore
Emilio Piccolo

Direttore
Andrea Piccolo e Lorenzo Fort



Non si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze
Horkheimer-Adorno, Dialettica dell'illuminismo

Rivisitazioni, traduzioni, manipolazioni



Redazione
Sergio Audano, Gianni Caccia, Maria Grazia Caenaro
Claudio Cazzola, Lorenzo Fort, Letizia Lanza

Helene Paraskevà
Scheda biobibliografica



1. Segreti di marmo


Stranieri nella città
 
Passeggiando un giorno
per i Musei,
dove le cose in mostra
hanno smarrito l’anima:
“Turista o migrante?”
Mi interrogò un busto vivo
ma confuso,
quello di Antonino Pio,
imperatore pacifico,
se non
addirittura pacifista.
Ma, anche la pace ha
i suoi limiti, pare.
E nello scontro
con Santa P.
non si è comportato
molto bene, sembra.
L’avrebbe battezzata
nell’olio bollente.
In buona fede,
solo per constatare
il miracolo.
 
Acceca gli occhi
e appanna l’anima
la crudeltà.
Seduce il paradosso
dell’armonia grottesca,
imperiale.
E non ti salvi
dal fascino intenso di questa città
schiava, pornodiva, nobile,
padrona.
Non ti salvi
nemmeno da straniero
(turista o migrante).
Ti abbaglia.
 
Rassomiglianza
 
Antonino Pio l’Imperatore
è bello, ha il viso tuo.
Biondo reale è stato
come il grano, anche lui.
Eppure gli occhi erano scuri,
come i tuoi. Naso latino.
Guance di pesca, tu,
le sue di marmo.
Le sopracciglia uguali
– quando ti annuvoli.
Le labbra sì,
raccontano la stessa crudeltà.
Entrambi avete torturato,
dice la Storia.
– E con piacere – aggiungo.
“L’Amore è tormento”.
Diresti banalmente tu.
Ma di Antonino
fu
passione imperiale
la tortura.
 
Identità nascosta
 
Sulla roccia sgretolabile,
apro drappo di gloria distesa
ad asciugare addosso
a creature salmastre.
 
Lì ho nascosto il cuore,
sotto una lastra,
fra i mostri mitici di marmo,
delle grotte marine.
 
Con un fucile occultato
dalla Storia scopro
nel cervello, ogni volta,
 – maledetta intuizione –
nel viaggio di ricognizione
a spirale, ogni volta,
trovo
che gli occhi del poeta
si disfanno, si sciolgono.
Solo per diventare perle.


2. Spiragli anacronistici
 
 
Ifigenia
 
Nel golfo di Aulide afono e piatto,
il vento strozzato ancora balbetta.
Prima di mezzanotte non si alzerà
mai, prima del sacrificio
ha un impegno.
Ma Ifigenia ha fretta, non aspetta più.
Trascura lo scalino dell’altare,
inciampa, crolla
e cade sgranocchiando ossa di eroi.
Sgomita, scalpita l’armata epica
di sassi cavalieri e denti opliti
che ha in bocca.
E nell’orecchio la voce di Artemide,
rauca e soffocata dalle sigarette,
fioca, come le antiche fiamme sull’altare,
le sussurra maliziosa:
“Penso che ti dovrai fermare per un po’!”.
 
L’orgia nel Museo
 
All’inaugurazione
del Museo nuovo di fronte al Partenone,
sulla vecchia Roccia,
fa impressione l’orgia di luce
in agguato ad ogni angolo
che si riflette
e si rispecchia in mille
e ancora mille geometrie e guise.
 
Lo spettacolo era tutto
e non sapevo
se guardare solo dentro
o anche fuori,
le auto, i turisti, i bar, la strada.
 
I piani sovrapposti
degli scavi fino a su,
al “roof café”,
davano il senso
di un tempo intinto,
come il “finger food”,
nell’agrodolce dell’eternità.
 
E la Roccia sfidata, stupita,
stizzita, ci scherniva:
“Ma quali dubbi? L’Acropoli sono io”.
 
A Dioniso
 
Mille ombre di sogno,
mille miraggi di Parnaso
tu intendi e crei.
Risucchiami
nel gorgo tuo, dio ebbro!
Nei bui, vorticosi abissi
dei tuoi riti inghiottiscimi.
Insegnami lo smarrimento
nei boschi freschi.
 
Nel deserto
 
Se parti per un viaggio nel deserto,
prendimi con te.
Mettimi nell’ampolla
come la Sibilla,
quell’antica civettuola
che non muore mai.
Gira lo sguardo verso l’orizzonte
e respira il vento.
Mettimi nell’ampolla,
dai,
e prendimi con te!

3. Echi Ipogei
 
 
Nella miniera di lignite
 

Quella sera stregata,
nella miniera di lignite
abbandonata,
l’eco di canti antichi
restituiva il vento tiepido.

E lì, accanto,
nella piazzetta della luna piena,
le ombre assenti rimpiangevano
gli amori alla finestra
di Persefone uscita sul balcone
a salutare
dell’Ade il nero messaggero.

Accanto alla miniera
abbandonata, nuda,
come una strega nella luna piena.


 
La Maschera di Teodora
 

Non chiedere allo specchio
inargentato il permesso
di toglierti la maschera
da imperatrice, Teodora!

Non esitare! Strappala!
Staccala con forza
dalla faccia insieme
a scampoli di pelle e carne!

Come facevi al circo,
libera la fiera nuda
e in mostra mettiti
senza parasguardi raffinati.
 
Per provocare applausi
nell’arena insanguinata
basterà lo sguardo tuo

di luce antica, micenea.




4. Le Donne di Lemmo

Con spade, scudi e armature,
mille amazzoni si siedono
sul letto mio di notte.
Senza passione e sentimento,
senza pietà, alibi e pretesti,
dei crimini parlano
in quella notte orrenda.

Elmi abbassati, spade grondanti,
sudati corpi odorosi
con le armature addosso
ancora,
si raccontano colpevoli e traditi:
“Dall’isola di Lemno noi veniamo,
patria di Efesto e dei Cabiri.
Mariti, padri, amanti e figli
abbiamo massacrato
in una notte atroce di vendetta.
Perdono e comprensione
non chiediamo.

Vogliamo solo raccontare”.

 


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