Inno al vino
O dolce caro limpido nettare, o Vino!
Figlio del sole e dell’azzurra terra.
Guizzo dell’uva biondeggiante altera.
Sai ben carpire l’etere alle notti.
Picco e fastigio e iride del cielo.
Noi - gli umani - ebbri del tuo agio
te invochiamo riarsi, o fulgido liquore.
*
O caldo amabile grato ristoro, o Vino!
Che sai sprigionare aulenti lievi effluvi.
Guancia di Venere e seno della ninfa.
Schiocco di lampi e slancio della mente.
Coppa e boccale, e anfora e trionfo.
Noi - gli umani - colmi del tuo vanto
te invochiamo arsenti, o tenero dolciore.
*
O radioso lieto conforto DOC, o Vino!
Labbra ubertose e umido capezzolo.
Sguardo rugiadoso d’amante intemerata.
Rorida brezza tra la terra e il cielo.
Sorriso e incanto, e brillio e contentezza.
Noi - gli umani - ebbri del tuo canto
te invochiamo bramosi, sulle nostre mense.
*
Sappi che noi - umani - o Vino delle convalli,
erranti siamo sulla pencolante terra.
Tu, uranica fonte di splendente ardore.
Noi: tellurici, rubizzi, alticci.
Te imploriamo per salire in alto.
Ma se poniamo in te - ingordi - ogni nostra gioia
ci sbandi, ci prilli, ci sbalzi, ci cingi,
ci svetti, ci girotondi, ci accechi e…
ci scaraventi a terra.
Eternità
In questo giorno che di sé inonda
tutto il mare e tutta l’estate,
si disgela la tinozza dell’eterno.
Qui, sotto il mio segreto sguardo.
Le cose, al largo, si raccontano in luce
e golfi di luci, vibranti e deliranti.
L’armonia è nell’attimo che, pur brivido,
sembra fermarsi a contemplare.
– Severo diapason della mente
che come treno al palo
osserva, accoglie, registra.
Ed è l’eterno che, uscito in strada da me,
da te... da tutti... qui, ora,
si lascia cogliere nel suo abito di fuoco
del mezzogiorno estivo.
– Ferro rovente del fabbro che batte
sull’incudine. Cuore orfico dell’etere
pulsante in ogni fibra a modellare il cielo
e la terra. Sagace fucina d’un forte narcisistico
specchiarsi. Trasparenza e agio del mondo
liberatosi dalla culla del nulla e
rivelatosi in noi.
E specchiandoci... tutti a bere, anche Dio,
l’intenso fulgore del giorno quando l’anima
e le cose
cantano l’inno-ferita dell’esistenza.
Figure Mitiche*
Muse
Sguardo incarnato e increata voce,
vagante dea nella tua stessa mente
eccoci congiunti allo stormir del giorno
nell’ora alta e l’alitar dei cieli.
Il mare e i volti come un grande
incendio.
L’ora d’ogni ora si compie nei viventi
e fresca giunge l’anca del tuo incedere.
In me e in te è viva l’eco d’altre Ore
sul dirupato ciglio della sera.
Se svuoto la mente ed il cuore
Se svuoto la mente e il cuore
rimango senza immagini né voce.
– Che resta di me?
Indugia una pianura edenica.
Chiara, distesa, senza tempo.
Dove tutti i contrasti s’involano.
Non più stridente danno.
Vince Amore, il più antico degli dèi.
Il più fidente.
Non è il tempo che divora ciò
Non è il tempo che divora ciò
che ha forma nel mondo,
come pensavano i saggi dell’antichità.
Il tempo è la dea Abbondanza
che porge ai viventi tutto ciò
che chiamiamo cose e realtà
del mondo.
Ed è la coscienza che le accoglie
per offrirle in dono alla mente.
Che le depone sugli altari della
dea Mnemosine,
che così le eterna.
*Cfr. M. Bonsante,
Simmetrie. Prefazione di R. Urraro, CFR, Piateda (SO) 2013.