Eros e
Persefone
L’Innamorato
(su
una carta dei
Tarocchi)
Ahi
amante ignaro
innamorato
di te
stesso
incerto
sulla
via da
seguire
non
voltarti
indietro
mai,
come
Orfeo
non
esitare
o sotto
i colpi del
destino
perderai
l'anima
tua,
la tua
Euridice.
Incontro
a
Filippi
Ma
quando stesi la
mano
per
toccare il tuo
corpo sconosciuto
sorsero
città dalle
rovine
avvolte
in lenzuoli
funebri
E andammo
verso
l'ombra di
Eros
che
ridendo
già
dileguava.
Persefone
Mi
conoscevi già.
Io sono quella
che
già una volta
ti ha amato
quella
che tu hai
rifiutato dicendo
mentre
mi stringevi
fino a soffocarmi:
in
verità io non ti
amo
questo
non è amore
ma un'illusione
che non
riguarda la
mia vita
dicendo
mentre la
tua saliva mi addolciva il seno
mentre
allattavo la
tua bocca al mio seno
Mi
conoscevi già.
Io ritorno
nella
luce azzurra
che ti ferisce
gli
occhi.
Porti
gli occhiali
scuri, adesso
mentre
io mi tuffo
fra le onde verdi
e tu ti
tieni
lontano dal mare
vestito
di un abito
di lino blu –
Mi
conoscevi già.
E subito mi hai
riconosciuto
dietro
il mio
travestimento
Ti
conoscevo già.
Mi hai
spogliato
con dita esperte
della
buccia di
morbida peluria, subito segnata
dalla
pressione
calda del tuo polpastrello
per poi
posarmi
dopo un morso
accendere
una
sigaretta, spegnerla nel piatto
fra i
residui del
cibo
voltarti
e
allontanarti con il passo
leggero
dei
fantasmi.
Eros
Pauroso,
che ti
nascondi in grembo ad una vecchia
e
preferisci i
libri al libro inesauribile del corpo,
allo
sfogliare gli
strati della pelle
fino
alla nudità
paonazza di Eros, lo scorticato.
Avevo un
cappello
di pelo di lupo
e nei
tuoi occhi la
luce era un riso
che non
cessa di
gorgogliare in gola.
Da
allora molte
volte mi è parso di vedere assai più chiaro
ma
più spesso sono
stata un cieco abbandonato
in uno
spiazzo
vuoto.
da
Donatella Bisutti, Rosa
alchemica, Crocetti, Milano 2011.
Cibele
Guardala – è l’agnella
che pascola sui monti di Frigia.
No – non è l’agnella, è la lupa
la lupa che ha divorato l’agnella
rapita al pastore.
Guardala, ti dico: è la dea
la dea degli antichi labirinti
è Artemide sontuosa vergine feroce.
No – è la lupa dei boschi oscuri.
Sa di selvatico.
Guardala – è Giovanni,
Giovanni che battezza nel Giordano.
No – è il corteo di Cibele,
la danza dei coribanti.
Ma guarda i suoi occhi
sono occhi che sanno.
No, guarda le sue mani
sono mani di bambina
Guardala: è l’innocenza dei boschi.
Il buco nero del tempo.
No – lei non conosce il tempo,
è la dea dagli zoccoli.
Che cosa vede? che cosa pensa?
Guarda all’indietro, guarda agli inizi.
No – guarda al futuro, è la Pizia ...
Guarda alla fine, è la pitonessa.
Che non si accorga di noi
che si creda sola
Fuggirebbe a balzi
su per la montagna.
No, piangerebbe
perché è solo una bambina
che sogna Pan.
L’hanno mascherata così.
Ma guarda, guarda le mani.
Sì, le guardo: sono già mani di donna
che laverà panni e stoviglie,
stringerà una vanga,
alleverà figli.
Dimenticherà.
Tu credi?
da D. Bisutti, Rosa alchemica, Crocetti, Milano 2011.
Gli Ulissidi
Alla spiaggia di uno stesso sogno
sospinti da un’ondata
nei gorghi il capo e le braccia
e gli sguardi insondabili dei pesci
labbra e lingue fiorite d’alghe
nella striscia in cui le onde si rivolgono
animali immemori della loro natura
usando le gambe come code.
Con le dita immerse nella seta
dorata della sabbia, la pelle dei fiori
ci levammo asciutti di vento tepido, le gole inumidite
dalle noci di cocco
e finalmente camminammo uomini eretti
bellicosi sazi per sterminare
incorporare vincere
assoggettare schiavi spezzare lusinghe.
A un abisso di disperazione
ci spingeva la necessità di distruggere.
Distruggere e abbandonare e continuare la strada
con il pretesto di voler tornare
guai ad Orfeo che si attardava voltandosi indietro
Omero cieco e separato dagli altri.
Uno fra i tanti mi insegnò
a tagliare con coltello nitido
la carne vicino all’osso.
Valendoci di molti abili inganni per giustificare la fame
vera inquieta che ci spingeva
a perdere ogni volta tutto.
Suggestioni mitiche
Pan
Terreno aperto da zoccoli
spaccato alla radice
fessura e spaccatura.
Con te ho percorso pianure
deserti e pascoli
cavallo e cavaliere.
Era il tempo sacro notturno
il tempo del capro
dell'offerta di me da me compiuta.
Mito
Del fluire ti rimane
solo qualche scenario senza io
sguardo in cui il mondo è penetrato
intero da uno squarcio ti ha abitato.
Cecità
Dalla sommità del cielo la luce
invade il mondo.
Il cane di Ulisse
accecato dal bianco.