1. Odisseo Notturno*
Segnato dal silenzio
non avresti che poche cose
da dire
dissanguato ti lasciano
parole che dicevano ore
pallori di meriggi
consumati in una tazza
di thè
sole ti restano attese
di presenze che non verranno
Rustiche pareti indicano
ricoveri dove si passa
una notte
aspettando di proseguire
cammini
devastate da lune che dissipano raggi
incuranti della tua nudità
I nomi che tacciono
perdute stelle
mai possedute
se non per indicarle
con i pallidi telescopi
degli occhi
non le ritrovi
nella notte senza luna
se non per rimpiangerle
Curva sul tuo cappello
si è posata la luna
un po’ di mago
un po’ di bohemien
ne approfitti per tacere
chi sei
preferendo velarti
di mistero
Ora ti sorridono gli occhi
molto hai sognato
di luoghi lontani
assaporate acque di fontane
e di pianti
mescolati sudori e mattini
sosti e stai aspettando
di partire
Assetato di follia
non porteresti con te
che le consuete banalità
sono le da cui
si può uscire
zavorre che ti faranno
tornare
Assaporare le acque
del sogno
non potrai che dire vado
infinite ti giungono malie
di stelle lontane
che non ritrovi più qui
mascherate di indifferenza
Lo stretto corpetto
rivela l’ombelico del mondo
attorno a cui credi
di ruotare
senza voltarti indietro
Solo un luogo ti è noto
che riscopri nei luoghi
che trovi
e non sei mai partito
punto che lanciato ritorna
boomerang di te stesso.
*Cfr. L. Are Caverni,
Odisseo Notturno. Prefazione di L. Benassi, Edizioni Orizzonti Meridionali, Cosenza 2016. (
ndr)
2. Avvolta nella pelle*
Avvolta nella pelle del serpente
celebravo il mio sacrificio
l’altare era una liscia pietra
per depositare il mio cuore
ed ero io che vittima mi offrivo
sullo scenario del bosco
aspettavo che tintinnassero campanelli
e il doppio appariva a cantare
la mia musica.
3. Da Il canto delle cicale*
Si liquefaceva il mio sangue versato
nell’ampolla del rinnovato sacrificio
appoggiato al tronco Pan suonava
il suo flauto l’accompagnava la cicala
nascosta tra i rami monotone voci
che creavano il sonno l’inerzia in cui
la natura giaceva il fremito dell’erba
diceva la sua risposta un mormorio
sommesso si era persa la domanda
rimasta sospesa nell’aria un punto
interrogativo che provocava l’eco di roccia
in roccia dove l’arsura taceva.
4. Da Il sole o Dioniso (1994)
Per me silente un curvo
volto di girasole una breve
spiga Dioniso danza quando
splende il sole accecandosi
nei campi addormentati
non ci sono che grilli
sazi d’amore sfinito
l’universo contempla
il suo sesso la lucida
passione che la terra riceve
nel grembo senza fine.
Attorciglia il grano spire
di serpente segna il caduceo
passo di viandante un profumo
di pesca a rinfrescarmi
il viso una pianura di antiche
memorie un danzatore nella coppa
di vino mediterranei languori
cantano Dioniso nel giorno
della luce a che pro strapparsi
i capelli nella nuova disperazione
tutto s’irrora grembo
di fiordaliso a fecondarsi
di sole.
Sfarfallii di idoli cercano
l’acqua occhi vuoti di rocce
alpestri artemisie attratte
dagli insetti assetati d’amore
su ogni cosa grava l’arsura
come se l’anima fosse altrove
distratta per non vedere
l’inutile corsa e il coniglio
si rintana nascondendo la coda
all’ansimare del cane.
5. Due poesie*
Atropo
L’uscere agita la mazza
cortigiani affollano sale
livree di polveri e pulci
meretrici lingue
intrecciano destini
tagliati con un colpo
di forbici.
Carpe diem
Nella parsimonia
delle ore trascorse
si celano sempre inganni
trappole per topi
che mordicchiano
il proprio formaggio.