Senecio
     SENECIO
Fondatore
Emilio Piccolo

Direttore
Andrea Piccolo e Lorenzo Fort



Non si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze
Horkheimer-Adorno, Dialettica dell'illuminismo

Rivisitazioni, traduzioni, manipolazioni



Redazione
Gianni Caccia, Maria Grazia Caenaro, Claudio Cazzola
Letizia Lanza, Vincenzo Ruggiero Perrino, Andrea Scott
o

Giorgio Linguaglossa
Scheda biobibliografica



Oscure presenze - parte1

Apro la prima porta a sinistra

... Apro la prima porta a sinistra:
ci sono tre donne sedute intorno ad un tavolo,
stanno per parlare ma non parlano
sembrano in ascolto ma non ascoltano,
indossano vestiti bianchi, hanno il plettro e una chitarra azzurra
ciascuna guarda davanti a sé ma ognuna in direzione diversa,
ogni direzione è una dimensione;
il loro volto non ha volto, e guardano
con un solo occhio; “che cosa guardano
– ci chiediamo noi – se non il vuoto?”;
non possono uscire dal solco tracciato dal fonografo:
traducono la traccia magnetica in onda sonora,
possono cantare soltanto ripetendo il medesimo ritornello
come gli uccelli sugli alberi:
“ciò che noi siamo voi mai sarete
e ciò che siete noi mai saremo”.
La prima, Lachesi, canta le cose che furono,
la seconda, Cloto, canta le cose presenti
e la terza, Atropo, canta le cose che saranno;
cantano le tre signore un coro discorde
che neanche Zeus, loro padre, può appianare.
Cantano? È questo il destino del canto?
sì, è questo, e il loro canto è nemico della morte.
Ogni canto è nemico della morte?
Ogni canto è amico della morte.
Lachesi ha il volto rivolto al passato
Cloto ha il volto rivolto al presente
soltanto Atropo ha il volto rivolto al futuro
ma Atropo, la terza tra le donne, è cieca
e non può vedere ciò che taglia
e taglia con robuste cesoie il filo della vita
che non vuole cessare. E canta.

 

A destra, dietro la prima porta

... Corridoio curvo che l’occhio insegue
a destra (a destra (!?) apro una porta:
dietro la porta bianca c’è un’altra porta
anch’essa bianca e una statua sulla soglia
con il braccio destro alzato; entro:
il sole tramonta sul mare azzurro;
c’è una parete bianca a destra e (un abisso a sinistra (!?)
apro la seconda porta (sempre a destra –
ci sono Wagner e Mozart che parlano, hanno inghiottito il buio
e sono diventati invisibili;
(è arrivato un tuo sms vuoto: c’era
il buio delle parole non scritte);
vado avanti come un avatar ...
giro la maniglia di una porta
che conduce a un’altra porta:
dietro la porta bianca
c’è un forestiero che ha abbracciato la luce
ed è diventato visibile, il barbiere François
sulla poltrona girevole ...
(rispondo al tuo sms con un sms vuoto…)
cammino a tentoni nel corridoio
c’è un immenso meccano di ruote dentate e scale
mobili che conducono a vertiginosi abissi
di scale in lento movimento …
mi tengo al corrimano come all’ultima delle certezze
mi dirigo in qualche modo sul terrazzo
e mi affaccio alla ringhiera davanti al mare azzurro:
sul pavimento del terrazzo a losanghe verdi e azzurre
c’è un tavolo
due signore giocano a scacchi

e la terza osserva.

 

Oscure presenze - parte2
 

L’eleganza della gondola

La gondola è lieve, carica di morti, affonda nel buio
del fiume. Ritto sulla prua il gondoliere afferra
il remo e canta.
Lassù in alto strillano gli uccelli
e brillano le stelle.
Wagner e List giocano a dadi.
Non c’è anima più viva.
Una grande vetrata si affaccia sul mare.
Una sirena canta dalla spiaggia dei morti:
«non c’è più lutto tra i morti»
«non c’è più lutto tra i morti».

 

Carnevale delle ombre
                  
«Benvenuti al carnevale delle ombre!»,
disse l’angelo Achamoth.
E le statue bianche si avviarono sotto il giogo
lungo un corridoio cieco alle cui pareti pendevano
migliaia di volti in cornici dorate.

Dalla porta entrano in molti,
dicono «buongiorno e addio», e ritornano
nel buio da dove sono venuti;
altri vogliono entrare dalle finestre,
lottano anche loro con le ombre.

Una voce dal microfono dice:
«Benvenuti nella galleria dei quadri morti»
«Lasciate i vestiti su questa spiaggia».

Entrano in me lentamente le ombre
come un inchiostro nella carta assorbente,
la voce ritorna nel microfono
il microfono cammina nella sala d’aspetto
il quadro si attacca alla parete.

Dio scrive sull’acqua le parole che nasconde,
un testo senza parole.
L’ascensore del silenzio sale nel sole assente.
Madame nell’atrio fa entrare le parole morte.
Prendono possesso delle statue bianche, ombre
anch’esse di altre pallide ombre.
Portano una maschera bianca sul volto.

I geroglifici delle stelle ci vengono incontro.


Chiatta sullo Stige

[…]
Chiatta sullo Stige.
Luttuose gondole fluttuano cariche di morti.
Piceo fondale.
Il barcarolo canta a squarciagola.
Il gondoliere traghetta le anime ancora pesanti dei morti.
E canta.
Essi si chiedono: «Siamo morti?
Veramente morti?». «Siete morti per sempre
– risponde il gondoliere –
Per sempre e mai più».
[…]
Evgenja Arbugaeva. La sua casa in Siberia.
La porta dell’izba è aperta sulla neve.
La Torre costruita con i prosperi e l’orologio da tasca.
La torre del faro e l’osservatorio sul tetto dell’izba.
Traffic of Sakurabana.
Luci che si accavallano su altre luci.
Steven Grieco Rathgeb è là.
Madrigale per violino solo con otto nastri magnetici *.
[…]
Una grande ombra sulla chiatta. Bianca.
Dritta sulla prua. Odore di nafta.
A poppa il vogatore che voga verso l’isola dei morti.
Rocciosa a strapiombo un’isola montuosa nel mare plumbeo.
Attracchiamo sulla sabbia nerastra.
«Questa è l’isola dei morti», disse un gendarme
ma la voce si perse nel luteo fogliame
della sponda.
[…]
Ricordai le parole di Borges: «Esiste un fiume
le cui acque danno l’immortalità; in qualche regione
vi sarà un altro fiume, le cui acque la tolgono.
Il numero dei fiumi non è infinito; un viaggiatore
immortale che percorra il mondo, finirà, un giorno,
con l’aver bevuto l’acqua da tutti».
[…]
Scorgevo capitelli e astragali, frontoni triangolari
e vidi la Città degli Immortali. Il Labirinto.
“Marco Flaminio Rufo è la dentro”, pensai, “prigioniero
del suo destino”, singhiozzai di stanchezza
e mi ritrovai sul ponte della nave ammiraglia, ad Azio…
[…]
Un altro gendarme gridò:
«Elpenore, anche tu qui?» **.
«C’era una reggia sontuosa. E tanto vino».
«E poi?».
«Devo esser caduto nel sonno».
[…]
Avevo percorso i sentieri del Labirinto
attraverso corridoi senza sbocchi, impalcature di asimmetrie,
scale rovesciate e finestre cieche.
La Città degli Immortali m’impaurì e ripugnò.
Là gli uomini diventavano eterni.
[…]

Ignorai se fossi divenuto ospite del sonno.
Vidi un muro monumentale. Vidi morire tutti i miei marinai,
della malattia del sonno. Mi accorsi di aver ignorato tutto,
i remi erano alla fonda, nel mare…
[…]
Quando si avvicina la fine… restano solo parole.
Io sono stato Omero; tra breve, sarò Nessuno, come Ulisse;
tra breve, sarò tutti: sarò morto.
[…]

*Pezzo musicale di Bruno Maderna
**Elpenore. Nell’Odissea, uno dei compagni di Ulisse. Alla partenza di Ulisse dalla casa di Circe, si alza di fretta dal tetto dove, ebbro di vino, si era addormentato e precipita, perdendo la vita. Rimasto insepolto, la sua ombra risale dall’Ade e prega Ulisse di dargli sepoltura.


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