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Troy ovvero Achille in Hollywood
di Carlo Odo Pavese
Scheda biobibliografica

La vera Ilias (aggettivo femminile che significa «di Ilion», cioè di Troia, senza dubbio sottintendendo rhapsodia, nel senso di poema epico rapsodico) è un poema piuttosto selettivo: racconta non tutta la leggenda troiana fino alla presa di Troia, come volgarmente si crede, e neanche tutta la vita eroica di Achilleus (it. Achille), ciò che sarebbe una Achilleide, ma soltanto un episodio della sua vita: la sua «ira perduta» (non «funesta», come comunemente si traduce), causata da una contesa con Agamemnon (it. Agamennone) per una questione d'onore, e le conseguenze di quell'ira (in tutto 51 giorni). Per raccontare tutta la guerra di Troia i Greci avevano non meno di cinque poemi, uno precedente e almeno tre seguenti l'Iliade.
 
All'inizio del film Troy si vedono due eserciti l'un contro l'altro armati: non sono Achei contro Troiani, ma è Agamennone contro il re di Tessaglia (re che fra l'altro, come molto nel film, non esisteva né nel mito né nella realtà — ma non importa). Si decide, per risparmiare vite umane, di far combattere due campioni: il Tessalo è un enorme colosso, l'altro deve essere Achille (Brad Pitt, biondo e protervo), ma l'eroe non si trova. Lo trovano che dorme in tenda tra le braccia di una pupa e lo mandano al fronte. Là con un balzetto improvviso fa un buco al gigante sulla spalla, Agamennone è contento, e non se ne parla più. 
Si vedono poi i due fratelli troiani, Ettore e Paride, a Sparta, a banchetto con Menelao. Sparta è stranamente su una scogliera a picco sul mare. Elena è una bellezza bionda occhicerulea, profilo neoclassico da cammeo. Paride s'infila nella sua camera, e si capisce che non è la prima volta, ché i due sono già intimi e l'adulterio è stato consumato almeno altre due volte (ma nel mito i due si congiungono, come si conviene, in un deserto isolotto soltanto dopo il ratto). Menelao ovviamente va su tutte le furie e ricorre a suo fratello Agamennone, re di Micene, che altro non aspetta per mettere mano su Troia e ampliare così il suo potere e i suoi commerci (ma nel mito Agamemnon, che era cognato di Helene, la corteggiava per suo fratello Menelaos, offrendo il prezzo più alto, e il padre di lei Tyndareos aveva fatto giurare a tutti i pretendenti di muovere tutti insieme contro chiunque l'avesse eventualmente rapita, e d'altro canto nella realtà una offesa all'onore era in quei tempi più potente che qualunque considerazione di potere e di commerci).
La storia è semplificata e adattata a palati moderni, poco inclini a finezze. Il vero Achilleus, cioè quello anticamente narrato dal mito, era stato nascosto giovinetto da sua madre Thetis tra le figlie di Lykomedes, travestito da fanciulla, per evitare che partisse con gli altri eroi per la guerra di Troia, dove era destino che trovasse gloria imperitura, ma anche morte prematura. Odysseus, incaricato di scovarlo, mostrò alle fanciulle un'armatura, al fascino della quale Achilleus non seppe resistere e così discoprì la sua eroica natura. Nel frattempo tuttavia aveva messo incinta una delle fanciulle, da cui sarebbe nato Neoptolemos, che dopo la sua morte avrebbe preso Troia, uccidendo il padre e il figlio di Hektor, Priamos e Astyanax, e asservendo la di lui moglie Andromache. Ma tutto ciò è sembrato forse troppo desueto o raffinato per i palati moderni, abituati ad altri sapori. Il film semplifica ogni trama a tutto vantaggio di una popolare emotività.
Nell'Iliade Achilleus ha avuto Briseis come parte del bottino e la tiene nella sua tenda come concubina, Agamemnon deve restituire la sua Chryseis al di lei padre, sacerdote di Apollon, per placare il dio, che per vendicare il suo sacerdote sta facendo strage di Achei, e perciò il re pretende in cambio la concubina di Achilleus. Di qui la contesa e l'ira di Achilleus, che si ritira sotto la tenda. 
Nel film i Greci (nell'Iliade notoriamente chiamati in molti modi meno che Hellenes, o Greci) sbarcano a Troia entrando con le prue sulla spiaggia come fossero mezzi da sbarco in Normandia (ma nel poema le navi erano accuratamente issate e puntellate a riva, ché altrimenti lèvati), Achille sbarca per primo (ma nel mito non fu egli il primo, bensì Protesilaos, che immediatamente ci rimase), nel tempio di Apollo, subito conquistato, fra l'altro taglia la testa dell'aureo simulacro (ma il vero Achilleus, se pur fu violento, non fu mai però empio), trova la sacerdotessa Briseide e tosto se ne innamora, ovviamente non senza stima e sentimento. Ma il cattivo Agamennone in qualche modo la cattura e la dà alla truppa. Come una furia arriva Achille, che la salva da quei bruti, e adirato abbandona Agamennone e la guerra.
Paride e Menelao si affrontano in singolar tenzone e Menelao viene inopinatamente ucciso, dove si vede che al moderno il marito cocu non è simpatico e deve morire (nell'Iliade invece Menelaos supera Paride, che è salvato da Aphrodite, ma viene poi proditoriamente ferito dalla freccia di Pandaros, la tregua è rotta e la guerra riprende). I Greci tosto attaccano in massa, ma subiscono una disfatta a opera degli arcieri troiani, quasi fossero la cavalleria francese alla battaglia di Azincourt (ma nell'Iliade gli arcieri erano soltanto tre, e meritatamente famosi). Tornano all'attacco i Mirmidoni con Patroclo vestito con le armi di Achille, ma questi tosto, creduto Achille, viene ucciso da Ettore e riconosciuto soltanto quando egli gli toglie l'elmo. I Troiani spariscono tutti in città (niente aristeia di Achilleus e niente lotta col fiume Xanthos). Achille furioso si scaglia fino alle mura e tre volte urla «Ettore!» (in italiano l'effetto ruggito non riesce, ma bisogna forse pensare all'inglese «Hektor!», aspirato e mal articolato). Dopo un paio di lanci, i due furiosamente vengono ai ferri corti, Ettore è ferito e finito con la spada (ma nell'Iliade è la lancia, come sempre, l'arma fatale, i due prima si rincorrono sotto le mura, poi Hektor è ingannato da Athene, i due si parlano, Achilleus rifiuta mercè, Hektor gli predice a sua volta la morte). Le armate sono di massa, come neanche alla battaglia di Platea. Ma gli scontri erano allora di pochi armati: combattevano i principi sul carro da guerra, guidato dal loro auriga, e intorno a loro una schiera di seguaci, fatta di alcuni nobili fedeli e dei loro seguaci. Erano probabilmente gruppi di qualche decina di guerrieri, un centinaio al più, e ognuno aveva i suoi fidi. L'offensiva era praticamente soltanto del principe, o campione, raramente un seguace attaccava il campione, per lo più la schiera serviva soltanto ad assisterlo. I principi, essendo i guerrieri più forti e meglio armati, duellavano tra di loro oppure si sfogavano a massacrare i seguaci dell'altro. Quando un principe cadeva o fuggiva, tutti fuggivano, perché non aveva più senso combattere senza vedere il padrone e senza essere da lui visti. 
Si vedono i guerrieri baldamente montati a cavallo d'un caval, come si usa in ogni buon film storico, ma a quei tempi il cavallo montato non c'era, fu adottato in battaglia circa quattro secoli dopo; gli eroi per combattere e per trasferirsi usavano il carro da guerra, tirato da due cavalli e guidato da un auriga. Il tiro a quattro, o quadriga, venne dopo ed era usato soltanto per competizione.
 
Nell'Iliade non si muove foglia ad alcun livello, né in uccisioni né in altro, senza che un dio non voglia, ma nel film l'intervento divino manca completamente. Forse avrebbe potuto essere interessante e intrattenente, ma tant'è: il film è ateo, conformemente al gusto moderno, razionale e sentimentale insieme. Soltanto all'inizio compare in una pozza d'acqua, a esprimere la famosa profezia, invero poco chiaramente, la madre di Achille, in aspetto di attempata signora (quello che si direbbe una «tardona»); ma Thetis era una Nereide, una dea marina, quindi eternamente giovane, e come tale non mancava mai di esercitare un certo fascino su Zeus e di soccorrere il suo figlio mortale (per forza, lo aveva generato da Peleus, che era un eroe) nel momento del bisogno.
Col riscatto di Hektor a opera del vecchio padre, guidato da Hermes, e con i funerali dell'eroe l'Iliade ha fine. Ma nel film la guerra continua con la Iliou persis, o «Presa di Troia». Ulisse, vedendo un cavalluccio in mano a un Troiano, ha l'idea del cavallo di legno. Il cavallo è nello stile nature, o primitivo, con cui sono fatti anche i baraccamenti dei Greci (che erano invece normali tende e padiglioni, altrimenti non sarebbero gli abitatori sopravvissuti a tanti disagi per tanti anni) ed è, bisogna pur dire, rozzo assai (ma le molte rappresentazioni vascolari antiche mostrano invece un cavallo levigato e ben fatto). I Greci si nascondono in una baia, una spia inutilmente li vede e viene steso (nel mito invece gli Achei se n'andarono a Tenedos, dove nessuno li vide, bensì Laokoon, sulla spiaggia di Troia, divinò l'inganno del cavallo, ma fu dai serpenti di Poseidon, come si sa, trascinato in mare).
I Greci, mediante il noto stratagemma, entrano a Troia e la mettono a ferro e fuoco. Si vede Achille menare strage, uccidere Priamo (ma nel mito non Achilleus, bensì suo figlio Neoptolemos prese Troia e uccise Priamos e Astyanax, come sopra detto) e arrivare fino a Elena, a raccoglierne, se non vado errato, le pensose confessioni. Infine è colpito dalla freccia di Paride nel famoso tallone e lo si vede seminudo, nella gran possa della sua persona, spirare su una specie di grande ara nella reggia insanguinata. Ma nel mito Achilleus fu ucciso dalla freccia di Paris, guidata dalla mano di Apollon, protettore di Troia, in una battaglia davanti alle mura: esigenze di sintesi o piuttosto di effetto hanno semplificato il racconto.

Ho letto che per fare questo film è stata chiesta la consulenza di grandi professori: visto il film — che, intendiamoci, può anche piacere — si può certamente dire che o i professori consultati sapevano poco di poesia e di mitologia greca oppure la loro consulenza è stata — chissà, forse meritatamente — in tutto e per tutto disattesa.


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