1.
Elena
2.
Metanoia
3.
Estate pagana I
4.
Estate pagana II
5.
Estate pagana III
6.
Frammento I
7.
Frammento II
8.
Frammento III
9.
Poesie per Elena
1.
Elena
E che potevano
dire gli uomini
intorno
ai fuochi
con le
navi ormeggiate sulla spiaggia:
c’erano
degli accordi
un patto
tra Greci
e il
desiderio
che romba nel sangue
sulle armature
per quella
donna.
Dieci anni
–non potevano saperlo
nella tenda
gli strateghi
tracciando
la rotta
ma come
spiegarlo ai morti
agli infiniti
lutti
che non
conoscono Elena
il dubbio
del ritorno
la bellezza
senza risposta
che divide
il cuore sulle mura di Troia:
l’accettabile
prezzo
di questa
guerra.
2.
Metanoia
Il cielo…
cado a
terra: un corpo…
mangio nuova vita.
Apro le
braccia al cielo
e gli occhi…
nella radura.
Nei boschi
vedo
e ora so
oltre…
e scrivo
è
poesia
Ci sono viottoli che non ho percorso
e che forse
non percorrerò
mai:
sono luoghi
di silenzi e di boschi
nell’ urbe
esistiti forse prima
delle rovine
romane nei campi.
Sono luoghi
di spirito e di storia
e perversioni
di meretrici nere
tra i pastori
urbani
e i sassi
antichi
che ti
invogliano all’amore
sotto gli
archi di un acquedotto
mozzo.
Si trovano
lì i rifiuti
dell’uomo
nel
perseverare del bosco
lo taglia la
strada e la ferrovia.
Ci sono
campi, stagni e rivi
ora
discariche lontane
sono ancora
campagna
e luoghi di
immagini antiche.
Riposare nell’ombra
la quiete del
caldo immoto
tra fragranze
d’albicocca
e voli
d’insetti.
Lontano il mare
una vela
sfuma
l’azzurro una nave.
Cullarmi soave una ninnananna
un boato
leggero che non è
città
un brusio di
bagnanti in festa
un ronzare
d’eliche confuso
in un lontano
frinire di cicala
un fragor
d’onde salmastro
sul
crocchiare della battigia.
E allora immutabile sentire ancora
la storia di
ulivi e vigne
e il primo
troiano che scrutò
il mare
e i castelli
sulla montagna,
calpestare
polveri e sedimenti
dei margini
della storia
nei boschi,
nelle torri, nelle
rupi.
Sono greco:
storia di
voci e di silenzi
sbarcare
sulla spiaggia deserta
al riparo dal
fortunale
e porre la
prima pietra
e le radici
d’olivastri millenari
rimangono tra
le rocce e nei
muri a secco:
stessi
sguardi, stessa vita nelle
strade a misura.
Nell’ombra
d’un fico
continuano i
margini della storia
conquistato o
marinaio
riposare
nell’ombra.
Brillano costellazioni terrestri
Di lontani
villaggi illuminati,
Immagini e
ricordi cari al cuore.
Ondeggian
lunghi strascichi di
luce
Lenti su
liquida pista da ballo
Dove una luna
di mille candele
Bagna
impassibile di fredda luce
La superficie
pitturata a notte.
Sono a
cingere braccia diseguali
Un viola
acceso tinto d’infinito
Dove chiuse
riposano bianche
ali
Della forse
mai avuta libertà.
E scende
già a mezzanotte
la luna
E nel mezzo
le Pleiadi nel cielo:
S’addormenta
la gioia dell’estate.
Sarai per me vento
che squassa
le cime
di rupi
impervie
in un cielo
di cristallo.
Sarai per me
mare
tempeste
azzurre e bianche
nel ricordo
di visioni sovrumane.
Sarai per me
terra
madre feconda
e porto
d’antiche iniziazioni.
Sarai per me
fuoco d’amore
arco teso a
misurare
il sorso dei
millenni.
Avevo un remo
quando sono
sbarcato nella tua
terra
e tu, che non
sapevi il mare
hai detto
essere un ventilabro.
Memoria
d’ogni onda
l’ho piantato
nella terra
come vomere o
spada
terra nella
terra,
ho ferito la
roccia e seminato
grano.
Ho scolpito
il talamo in unico
ulivo
il ventilabro
è dritto
non
conoscerà più
il sale
ed io, non
partirò più.
Sorge l’alba vuota e stolta
di chi rimane
solo.
Tra gli
olivastri un latte
un rosa
appena a oriente
tra i monti e
le case
del villaggio
nostro più
recondito.
E allora nei
tuoi occhi naufragare
nel salire
queste vie silenti
d’estate
in albe nuove
eppure smorte
mentre nero
mugghia il mare
l’intrecciare
antico dei giorni.
Sei tu
veramente mia Calipso
di questa
terra che gli eterni
approdi
neghi
fuggendo da quest’alba:
alla mia
petrosa Itaca vado tornando
al lento
fluire dei giorni Ulisse
e senza te
sale ora un vuoto
strano…
e mentre
salgo a casa
in questo
nuovo giorno
rido amaro
pieno di
rimpianti.
3.
Estate pagana I
Estate pagana di segreti
semisvelati
tra gli scogli
sei tu
veramente
il ricordo
più antico:
arrivare nudo
al tuo sangue
barbaro
il
viaggio
lontano dalle
processioni di
morti
della mia
città.
Lontano pure
dai boschi
dove ho
trovato sentieri
scavati nella
roccia.
Ma qui si
svelano i segreti
del grano e
del sangue
a noi della
razza
di quelli che
vengono
dal mare.
4.
Estate pagana II
Estate pagana nel sole
tra le brezze
di mille sussurri
antichi
e le carni
arrossate di salsedine.
Porta il
vento deliri di luglio
e il
misterioso frugare dei secoli.
Le agavi e
gli scogli ricordano
incisi nella
roccia
antichi
passaggi
e le scoperte
di amori
barbari.
Follia d’un
mare che avanza
nei palpiti
del sangue
che romba a
gridar possesso
e vita:
cade una
goccia di sperma
nel mare.
5.
Estate pagana III
Ricordo il bacetto
al Cristo
ligneo
dagli occhi
orientali
intagliato
nel ginepro.
ricordo la
bonaccia
all’ombra
della torre
nel rosso
della sera.
Estate pagana
sei tu
veramente
il ricordo
più antico.
6.
Frammento I
Ho scambiato per terra
uno scalmo
con uomini
che non parlavano
greco.
Guardavano
attoniti il fulcro
di legno:
l’hanno
creduto idolo
fecondo di
sole e terra.
Ha retto
invero i remi
del mio
viaggio
resistendo ai
molti marosi.
7.
Frammento II
Per me
le Pleiadi
rischiarano
i viaggi di
settembre
lontano dalla
tua terra.
Partirò
ancora
senza remi e
senza scalmo,
lascerò
quest’isola
in un giorno
di maestrale.
8.
Frammento III
Non conosco d’Edipo i figli
né
d’Eurito le menzogne
ma il vino so
e la brezza
del salso mare
sotto il
fresco d’un fico rupestre.
Poi si spensero i tuoi singhiozzi
nel crepitare
del camino.
Così
ti ricordo:
il tuo corpo
fremente
nel silenzio
della casa vuota.
I fantasmi
dell’estate
che entravano
insieme al buio
ad animare
impalpabili
le mura di
quelle stanze mute.
Guardavi il
mare gonfio di Scirocco
lontano.
E guardavi le
colline mediterranee
occhiute di
costellazioni artificiali
mentre il
buio s’ingolfava
tra il
mobilio casto
arabescato di
languore.
La notte
enorme
mangiava il
cielo
e il
tempo
in un
silenzio asciutto.
Volevo la
stretta d’un abbraccio
che non
poteva scaldare.
Volevo dirti
che non era stato
amore
a farci
ipotecare il passato
per un futuro
ormai
spento.
Poi –lo avrei capito solo dopo-
sarei stato
io a non tornare
più.
Il ceppo grande schioccò
un nugolo di
scintille
dallo
sbadigliare muto del camino.
“E’ tardi” dissi “dobbiamo andare.”
Dopo ci sono state
solo parole.
9.
Poesie per Elena
Ecco, inizia
l'assedio:
cingono
le mura con un serto di lance
che vibrano
al fiato del maestrale;
l'assediato
si fa assediante
e ha
già
pronto il cavallo di legno
vestito
a nozze per l'ultimo assalto.
*****
Oltre il
tempo di quel messaggio
ci sono
le mie mani che tremano
al tavolo
del ristorante.
Ricordi
lo specchio
che tagliava
il volto
sulla strada
per le Langhe?
Una ferita
lineare
che non
rimargina sul volto
di un
naufrago
- il mio
che affronta
con gioia
l'ultimo
naufragio.
*****
Sarà
il ritorno tuo alle usate stanze
La gioia
dolce dell'abbraccio antico
Nostro,
e delle quotidïane usanze.
Sarà
sulle tue labbra ciò che dico
Un fiorire
di sorriso: costanze
D'amore,
approdo in un porto amico.
Saranno
gli occhi tuoi la gioia attesa
L'arco,
la freccia, la mia corda tesa.
*****
Non piange
e non è morta
ma dorme
su di un letto d'aghi.
Emergerà
dal sonno tra cento anni
a bere
il sangue dei re
e danzare
una notte di pioggia,
sarà
un mio bacio
oltre i
confini dei suoi incubi
a darle
il risveglio:
non ci
sarà bisogno di pettini
o specchi
per tagliare le radici
dei
rampicanti
che ora le torri
soffocano
nei suoi castelli
né
gocce in un bicchiere
o nuvole
di sonno
ma un bacio
regalato
per non
dimenticare.
Roma
13.04.03
*****
Cos'è
questo assedio,
questa
cinta lugubre d'armati
sotto le
mura di Ilio?
Dicono
di navi in fiamme
e del cielo
nero
come il
fiume coperto di sangue
dopo la
battaglia.
Ma la guerra
inizia adesso
con le
teste nere
degli uomini
- i tuoi
che tendono
le spade alla nostra casa
e tu, sirena
della notte
conti il
suono
il suono
della pietra
che affila
le lame.
*****
Non per
spada o lancia
né
freccia o pietra
non per
il bianco o il rosso
del sangue
del fiume
né
per le nubi che graffiano
questa
piana.
Non per
l'oro o il bronzo
né
per il ferro delle nostre armi
né
per il legno di queste navi
non per
la neve che copre gli alberi
o il sole
che spacca gli oleandri nella sete
di questa
terra.
Non saranno
i tuoi coltelli
affilati
più dei miei.
Ma gli
aghi
che ogni
giorno
infilo
nella carne
con la
pazienza del chirurgo
o dell'assassino.