Senecio
     SENECIO

Direttore
Emilio Piccolo


Non si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze
Horkheimer-Adorno, Dialettica dell'illuminismo

Rivisitazioni, traduzioni, manipolazioni



Redazione
Sergio Audano, Gianni Caccia, Maria Grazia Caenaro
Claudio Cazzola, Lorenzo Fort, Letizia Lanza


Luca Benassi
Scheda biobibliografica

1. Elena
2. Metanoia
3. Estate pagana  I
4. Estate pagana II
5. Estate pagana III
6. Frammento I
7. Frammento II
8. Frammento III
9. Poesie per Elena
 

1. Elena

E che potevano dire gli uomini
intorno ai fuochi
con le navi ormeggiate sulla spiaggia:
c’erano degli accordi
un patto tra Greci
e il desiderio che romba nel sangue
sulle armature
per quella donna.
Dieci anni –non potevano saperlo
nella tenda gli strateghi
tracciando la rotta
ma come spiegarlo ai morti
agli infiniti lutti
che non conoscono Elena
il dubbio del ritorno
la bellezza senza risposta
che divide il cuore sulle mura di Troia:
l’accettabile prezzo
di questa guerra.

2. Metanoia

Il cielo…
cado a terra: un corpo…
                     mangio nuova vita.
Apro le braccia al cielo
                        e gli occhi…
nella radura. Nei boschi
vedo 
       e ora so
oltre… e scrivo
è poesia

Ci sono viottoli che non ho percorso
e che forse non percorrerò mai:
sono luoghi di silenzi e di boschi
nell’ urbe
             esistiti forse prima
delle rovine romane nei campi.
Sono luoghi di spirito e di storia
e perversioni di meretrici nere 
tra i pastori urbani
e i sassi antichi
che ti invogliano all’amore 
sotto gli archi di un acquedotto mozzo.
Si trovano lì i rifiuti dell’uomo 
nel perseverare del bosco
lo taglia la strada e la ferrovia.
Ci sono campi, stagni e rivi
ora discariche lontane
sono ancora campagna
e luoghi di immagini antiche.

 Riposare nell’ombra
la quiete del caldo immoto
tra fragranze d’albicocca
e voli d’insetti. 

 Lontano il mare
    una vela 
sfuma l’azzurro una nave.

Cullarmi soave una ninnananna
un boato leggero che non è città 
un brusio di bagnanti in festa
un ronzare d’eliche confuso
in un lontano frinire di cicala
un fragor d’onde salmastro
sul crocchiare della battigia.

E allora immutabile sentire ancora
la storia di ulivi e vigne
e il primo troiano che scrutò il mare
e i castelli sulla montagna,
calpestare polveri e sedimenti
dei margini della storia
nei boschi, nelle torri, nelle rupi.
        Sono greco:
storia di voci e di silenzi 
sbarcare sulla spiaggia deserta
al riparo dal fortunale
e porre la prima pietra
e le radici d’olivastri millenari 
rimangono tra le rocce e nei muri a secco:
stessi sguardi, stessa vita nelle strade a misura.
Nell’ombra d’un fico 
continuano i margini della storia
conquistato o marinaio
 riposare nell’ombra.

Brillano costellazioni terrestri
Di lontani villaggi illuminati,
Immagini e ricordi cari al cuore.
Ondeggian lunghi strascichi di luce
Lenti su liquida pista da ballo
Dove una luna di mille candele
Bagna impassibile di fredda luce
La superficie pitturata a notte.
Sono a cingere braccia diseguali
Un viola acceso tinto d’infinito
Dove chiuse riposano bianche ali
Della forse mai avuta libertà.
E scende già a mezzanotte la luna
E nel mezzo le Pleiadi nel cielo:
S’addormenta la gioia dell’estate.

 Sarai per me vento
che squassa le cime 
di rupi impervie
in un cielo di cristallo.
Sarai per me mare
tempeste azzurre e bianche
nel ricordo di visioni sovrumane.
Sarai per me terra
madre feconda
e porto d’antiche iniziazioni.
Sarai per me
fuoco d’amore
arco teso a misurare
il sorso dei millenni.

Avevo un remo
quando sono sbarcato nella tua terra
e tu, che non sapevi il mare
hai detto essere un ventilabro.
Memoria d’ogni onda
l’ho piantato nella terra
come vomere o spada
terra nella terra,
ho ferito la roccia e seminato grano.
Ho scolpito il talamo in unico ulivo
il ventilabro è dritto
non conoscerà più il sale
ed io, non partirò più.

 Sorge l’alba vuota e stolta
di chi rimane solo.
Tra gli olivastri un latte
un rosa appena a oriente
tra i monti e le case
del villaggio nostro più recondito.
E allora nei tuoi occhi naufragare
nel salire queste vie silenti d’estate
in albe nuove eppure smorte
mentre nero mugghia il mare
l’intrecciare antico dei giorni.
Sei tu veramente mia Calipso
di questa terra che gli eterni approdi
neghi fuggendo da quest’alba:
alla mia petrosa Itaca vado tornando
al lento fluire dei giorni Ulisse
e senza te sale ora un vuoto strano…
e mentre salgo a casa
in questo nuovo giorno
rido amaro
pieno di rimpianti.

3. Estate pagana  I

Estate pagana di segreti
semisvelati tra gli scogli
sei tu veramente
il ricordo più antico:
arrivare nudo
al tuo sangue barbaro
  il viaggio
lontano dalle processioni di morti
della mia città.
Lontano pure dai boschi
dove ho trovato sentieri
scavati nella roccia.
Ma qui si svelano i segreti
del grano e del sangue
a noi della razza
di quelli che vengono
dal mare.

4. Estate pagana II

Estate pagana nel sole
tra le brezze di mille sussurri
  antichi
e le carni arrossate di salsedine.
Porta il vento deliri di luglio
e il misterioso frugare dei secoli.
Le agavi e gli scogli ricordano
incisi nella roccia
antichi passaggi
              e le scoperte
di amori barbari.
Follia d’un mare che avanza
nei palpiti del sangue
che romba a gridar possesso
                    e vita:
cade una goccia di sperma
                         nel mare.

5. Estate pagana III

Ricordo il bacetto
al Cristo ligneo
dagli occhi orientali
intagliato nel ginepro. 
ricordo la bonaccia
all’ombra della torre
nel rosso della sera.

Estate pagana
sei tu veramente
il ricordo più antico.

6. Frammento I

Ho scambiato per terra
uno scalmo
con uomini che non parlavano greco.
Guardavano attoniti il fulcro di legno:
l’hanno creduto idolo
fecondo di sole e terra.
Ha retto invero i remi
del mio viaggio
resistendo ai molti marosi.

7. Frammento II

Per me 
le Pleiadi rischiarano
i viaggi di settembre
lontano dalla tua terra.
Partirò ancora
senza remi e senza scalmo,
lascerò quest’isola
in un giorno di maestrale.

8. Frammento III

Non conosco d’Edipo i figli
né d’Eurito le menzogne
ma il vino so
e la brezza del salso mare
sotto il fresco d’un fico rupestre.

Poi si spensero i tuoi singhiozzi
nel crepitare del camino.
Così ti ricordo:
il tuo corpo fremente
nel silenzio della casa vuota.
I fantasmi dell’estate
che entravano insieme al buio
ad animare impalpabili
le mura di quelle stanze mute.
Guardavi il mare gonfio di Scirocco
lontano.
E guardavi le colline mediterranee
occhiute di costellazioni artificiali
mentre il buio s’ingolfava
tra il mobilio casto
arabescato di languore.
La notte enorme
mangiava il cielo
  e il tempo
in un silenzio asciutto.
Volevo la stretta d’un abbraccio
che non poteva scaldare.
Volevo dirti che non era stato amore
a farci ipotecare il passato
per un futuro
  ormai spento.

Poi –lo avrei capito solo dopo-
sarei stato io a non tornare più.

Il ceppo grande schioccò
un nugolo di scintille
dallo sbadigliare muto del camino.

“E’ tardi” dissi “dobbiamo andare.”

Dopo ci sono state
       solo parole.

9. Poesie per Elena

Ecco, inizia l'assedio:
cingono le mura con un serto di lance
che vibrano al fiato del maestrale;
l'assediato si fa assediante
e ha già pronto il cavallo di legno
vestito a nozze per l'ultimo assalto.
 

*****

Oltre il tempo di quel messaggio
ci sono le mie mani che tremano
al tavolo del ristorante.
Ricordi lo specchio
che tagliava il volto
sulla strada per le Langhe?
Una ferita lineare
che non rimargina sul volto
di un naufrago - il mio
che affronta con gioia
l'ultimo naufragio.

*****  

Sarà il ritorno tuo alle usate stanze

La gioia dolce dell'abbraccio antico
Nostro, e delle quotidïane usanze.
Sarà sulle tue labbra ciò che dico
Un fiorire di sorriso: costanze
D'amore, approdo in un porto amico.
Saranno gli occhi tuoi la gioia attesa
L'arco, la freccia, la mia corda tesa.  

*****

Non piange e non è morta
ma dorme su di un letto d'aghi.
Emergerà dal sonno tra cento anni
a bere il sangue dei re
e danzare una notte di pioggia,
sarà un mio bacio
oltre i confini dei suoi incubi
a darle il risveglio:
non ci sarà bisogno di pettini
o specchi per tagliare le radici
dei rampicanti che ora le torri
soffocano nei suoi castelli
né gocce in un bicchiere
o nuvole di sonno
ma un bacio regalato
per non dimenticare.

  Roma 13.04.03
 

*****  

Cos'è questo assedio,
questa cinta lugubre d'armati
sotto le mura di Ilio?
Dicono di navi in fiamme
e del cielo nero
come il fiume coperto di sangue
dopo la battaglia.
Ma la guerra inizia adesso
con le teste nere
degli uomini - i tuoi
che tendono le spade alla nostra casa
e tu, sirena della notte
conti il suono
il suono della pietra
che affila le lame.  

*****  

Non per spada o lancia
né freccia o pietra
non per il bianco o il rosso
del sangue del fiume
né per le nubi che graffiano
questa piana.
Non per l'oro o il bronzo
né per il ferro delle nostre armi
né per il legno di queste navi
non per la neve che copre gli alberi
o il sole che spacca gli oleandri nella sete
di questa terra.
Non saranno i tuoi coltelli
affilati più dei miei.
Ma gli aghi
che ogni giorno
infilo nella carne
con la pazienza del chirurgo
o dell'assassino.


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