Senecio
   SENECIO

Fondatore
Emilio Piccolo

Direttore
Andrea Piccolo e Lorenzo Fort



Non si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze
Horkheimer-Adorno, Dialettica dell'illuminismo

Rivisitazioni, traduzioni, manipolazioni



Redazione
Sergio Audano, Gianni Caccia, Maria Grazia Caenaro
Claudio Cazzola, Lorenzo Fort, Letizia Lanza


Franco Santamaria
Scheda biobibliografica












OTTAVIO AUGUSTO ~ SOLE E CENERI  
Traduzione in italiano di Franco SANTAMARIA
secondo il testo francese di France FERRAN



La vita del Principe, considerata come opera d’arte,
15 sequenze fantastiche per dire dell’epopea augustea.

Il giovane conquistatore, « fratello » d’Alessandro.
Il secondo fondatore di Roma, il garante dell’Impero.
Il divino figlio di Apollo, Gran Pontefice della religione di Stato,
che non si è lasciato affascinare come Antonio dal miraggio 
d’una teocrazia all’orientale.
Un dramma : la mancanza di eredi diretti.
Fino all’estrema vecchiaia, la ripetizione ostinata
di ciò che sarebbe dovuto essere un evento eccezionale : la scelta d’un figlio,
degno di addossarsi « il più gravoso compito conosciuto del secolo »
secondo Tiberio, suo successore.
*****
Sole e ceneri su questo lungo regno, 
dalla vittoria decisiva di Azio nel 31 a.C., 
che segna la fine dello scisma Oriente-Occidente, 
al massacro delle Legioni di Varo in Germania nel 9 d.C.
L’imperatore conosce ben presto un’immensa popolarità,
che farà dimenticare il disonore della guerra civile del 43 a.C. 
Si parlerà di propaganda abile. Perfino di astuzia.
Là dove Cesare aveva voluto imporre delle riforme,
Augusto agirà con prudenza e moderazione.
Il giovanotto esile e leggermente sciancato -
di cui parlava Cicerone con una certa sufficienza - 
dai grandi occhi profondamente incavati, dal viso pallido e delicato,
che dovette costantemente fronteggiare una salute precaria, saprà,
con un ultimo gesto a 77 anni, suggellare con nobiltà la sua immagine.
« Acta est fabula », la storia è finita, concluderà egli come a teatro
dopo essersi fatto truccare sul suo letto di morte.
Una storia in cui i grandi bagliori tragici convivono con il melodramma.
Una vita con i suoi meriti, le sue lotte, i suoi dubbi.
Ottavio Augusto : un eroe mitico-storico ? Un Romano straordinario.
Cerchiamo voci melodiose per dirlo, un corpo fluido per animarlo,
e, nulla volendo dimenticare, osiamo volgere lo sguardo del Principe stesso
sul film dei suoi giorni.

*************

 Sulle rive del Tevere, il teatro dedicato a Marcello. Sulla scena finisce di bruciare un fuoco di cespugli, là ammucchiati a piccola piramide.

Nella cavea, pronto a lanciarsi sulla scena, un giovane dai riccioli densi raccolti sulla fronte, tunica corta di soldato, corazza cesellata, il mantello scarlatto sulle spalle.

Il suo pensiero s’ipnotizza su queste fiamme, ricordo d’altri roghi funebri in cui bruciarono tanti sogni dinastici. E nelle volute d’aria calda, passano fantasmi che spazio-tempo abbellisce o deforma.

Figure emblematiche...
l’amatissimo nipote Marcello,
i Principi della Gioventù, Caio e Lucio Cesare,
Tiberio e Druso, spade dell’Impero...

Roma è sempre dentro Roma,
Roma, scenario unico.
   

PIANO
1. Dioscuri - 2. La profezia (63 a.C.) - 3. Le mani mozze di Cicerone (43 a.C.) - 4. Il rapimento della bella Sabina (38 a.C.) – 5. Il ritorno da Azio (31 a.C. ) - 6. Cena, il banchetto dei Dodici (31 a.C) - 7. Alessandro, il favoloso spettacolo (30 a.C.) - 8. Tu Marcellus eris …(23 a.C.) - 9. Alme Sol ! (17 a.C.) - 10. Druso, la spada spezzata (9 a.C.) - 11. Varo, rendimi le mie legioni ! (9 d.C.) - 12. Giulia, il disonore - 13. Acta est fabula ! (14 d.C.) – 14. L’ascensione - 15. La stella di Venere.

 1. Dioscuri
Cimbali e tamburelli. Sorgano dal fondo della scena, sui loro destrieri,
gli atletici Dioscuri, protettori dell’Urbe...
Deciso ad offrirsi in spettacolo, a interpretare la tragedia della sua vita, l’attore
che avanza con determinazione è Ottavio Augusto.

‘Per mia sola gloria, ho io amato
conquistare popoli e territori ?
Mi si renda semplice giustizia.

Al contrario di Antonio,
non ho mai creduto d’essere Osiride,
pronto a regnare sulla Valle del Nilo,
con la sua Iside-Cleopatra.

Sopra ogni cosa, ho mirato
al bene dello Stato.
Altri, per me, hanno sognato
una vertiginosa ascesa celeste.

Apollo mi ha preso a bordo
del suo carro solare.
Agli uomini d’oggi
la decisione se io ne sia stato degno.’
 

2. La profezia
(fatta, secondo Svetonio, a Ottavio, il padre del fanciullo predestinato.)

‘Mio figlio, un essere invincibile
che circonda come aureola la torcia solare,
Giove Capitolino,
scettro e fulmine in mano,

Questo Principe miracolosamente
sta per farsi carne.
Renda egli i suoi giorni
un’opera d’arte unica !

La pace pregnante d’armonia
sia la sua visione del mondo !’
 

3. Le mani mozze di Cicerone
L’orrendo trofeo che espone Marc’Antonio, i cui soldati hanno ucciso l’anziano console,
il filosofo oratore stimato ed eminente erudito.
Gocciola sul pavimento della scena l’autunno rosso delle Proscrizioni.

Il sangue d’un saggio troppo fiducioso.
Saprà metterlo
al riparo da ogni violenza,
al riparo da ogni punizione,
la sua devozione alla Repubblica ?

In nome di Marte Vendicatore,
i venti anni di Ottavio stanno per cadere.
Sussulto di legittimità vitale ?
O sarà ancora la grande paura
delle Idi di Marzo ?

Ormai, a passi felpati, 
la Pace può incamminarsi.
 

4. Il rapimento della bella Sabina

Ardore amoroso.
Due matrimoni falliti si buttano via
sulla spinta d’una nuova passione:
Livia. Atto virile, pressante.

Al nemico di ieri, Claudio Nerone,
bisogna rapire la sposa incinta di Druso,
il minore di Tiberio e futuro
padre di Germanico !

Dure, solide spade
al servizio di Roma.
Egli non li ha secreti dalla sua linfa,
i giovani dèi guerrieri.
Ma per assicurare una dinastia immortale,
è Livia che gli occorreva.
E fino all’inverno dei loro giorni,
essi vivranno questo amore che niente
saprà logorare.
 

5. Il ritorno da Azio
La Stella Giulia – questo simbolo di Giulio, cometa apparsa
durante i Giochi di luglio del 44

in memoria di Cesare che pretendeva di discendere dalla dea Venere
tramite Enea e suo figlio Iulio…

Scintillìo.
Una notte in mare, Ottavio si dona
alla luce del suo destino.
Se limpida e una è la rotta,
tutte le occasioni si offrono a lui.

Azio l’ha favorito
più del figlio del grande Cesare.
I sogni più smisurati
emergono dal loro nulla.

Il giovane ambizioso, sua luce è la Stella,
naviga verso Roma.
Viaggio nuziale
che uno straordinario mareggio accompagna.
 

6. Cena, il banchetto dei Dodici
Sacrilegio al ritorno da Azio. Il banchetto dei Dodici Dèi
che il Principe presiede, travestito da Apollo.

Abbigliati come altrettante divinità,
s’ammolliscono i convitati del Principe.
Attorno ai triclini, Roma mormora
per questa sfida sacrilega.

A somiglianza delle divinità
che animano i Lettisterni,
gli ospiti diverrebbero
effigi di pietra?

“Questo festino sontuoso,
non era per scimmiottare
poteri sovrannaturali,
per spogliare dei loro scettri
la coorte degli dèi. 

Nient’altro che un gioco ardito
per richiamare su di noi
la benevolenza divina.

Lasciatemi un po’ di tempo
e vivremo un secolo
di ore sublimi.”
 

7. Alessandro, il favoloso spettacolo
Per un affascinante incontro in Egitto, i segni del Tempo
sono annullati sotto l’impulso del Principe.

Tirare dalle sue tenebre
il corpo leggendario d’Alessandro.
Farsi aprire il suo sarcofago
e con le proprie mani, coronarlo d’oro,
a profusione, sommergerlo di petali.

Con gli occhi, la bocca, l’anima sua tutta,
egli lo venera pari ad un dio.
Pulsioni solari, palpiti di sangue.
Il sommo eroe di Macedonia infonde
quale lezione d’ardore e di audacia
all’erede del divino Cesare ?

Sprofondando nel silenzio del sogno
davanti a questa spoglia regale,
Ottavio vive l'armonia suprema.

Alleato ideale che conobbe un potere
uguale a tutti gli dei,
che il Grande Conquistatore,
dal regno delle ombre
venga a consacrare la sua avventura romana !
 

8. Tu Marcellus eris...
Virgilio, Eneide, Canto VI
Seducente, un’educazione da principe. Egli sposa sua cugina Giulia, figlia d’Augusto.
Già, alcuni incarichi militari in Spagna. A Roma di amministratore. Edile curule,
ha organizzato Giochi straordinari.
Virgilio lo include nell’Eneide, questo tempio sorto a gloria di Roma e di Augusto.

Falciato all’alba dei suoi vent’anni.
Tra le fiamme vacillanti,
sorge il profilo di questo destino perduto.

Tu Marcello sarai : elogio assai struggente !
Scoppia in singhiozzi il Principe
e sviene la madre Ottavia.
Ma il genio del poeta non è consolazione?

L’indimenticabile Marcello si fa tigre.
La sua grandezza eroica che, sola,
avrà vinto una maligna febbre,
apre qualche bestiario da favola.

Per l’inaugurazione del teatro,
dedicato al nipote e genero adorato,
e per la prima volta a Roma,
Augusto esibisce questo grosso gatto venuto dall’Asia.

Dal suo dolore potrà lui forgiare
una speranza feconda ?
Deve proseguire la sua ricerca di erede
anche se nessun seme è uscito da lui.
 

9. Alme Sol !
Il canto secolare di Orazio.

O Sole fecondo !
Uno stuolo di fanciulli e di fanciulle
apre la processione primaverile.

Fondare una dinastia.
Imporsi oltre il pianto.
Il dramma della posterità che fallisce
avrà per troppo lungo tempo osteggiato
il suo fondo d’ottimismo romano.

Visione grandiosa della Roma futura,
serena, salda, senza possibile declino.
Giovinezza eterna. Almo Sole !
 

10. Druso, la spada spezzata
A Magonza, nel campo romano immerso nella tristezza.

Nel tormento d’un cielo plumbeo,
la cavalcatura che s’imballa…
Nel suo mantello scarlatto, al limite della foresta
scossa da furiose bufere,
agonizza l’ardimentoso vincitore di Germania.

Agli accenti funebri d’una spietata tempesta,
sui bordi della notte che a poco a poco lo porta via,
lo chiama, lo aspetta chi con lui sottomise
tante tribù, tanti paesi.

Allora si lancia al galoppo Tiberio –
cavalcata prodigiosa e amara,
perché i Dioscuri siano riuniti
presso il fiume del campo maledetto.

Prima che lui sia spento, prenderà l’aspetto
di suo fratello, uccidendo la Morte in lui.
Ai valorosi Neroni, gli dèi
avranno donato questa vittoria suprema.

Mentre la tormenta e i lupi strappano
alla foresta assai lugubri lamenti,
mentre Roma prepara un nuovo rogo,
l’imperatore si piega sotto il peso della sua pena…
 

11. Varo, rendimi le mie legioni !

Tradito dall’incapace Legato,
Augusto che sta invecchiando si lamenta.
Nella Foresta di Teutoburgo
affonda l’onore di Roma.

Arminio, il giovane capo germano,
non ha dato valente prova
massacrando sei coorti,
tre squadroni di cavalleria
e altrettante legioni?

Il pianto dei soldati agonizzanti
rimbomba alle tempie del Principe,
prigioniero della sua disperazione.
Con movimento insistente,
alle quattro pareti della sua stanza,
egli batte la fronte.

Già il freddo della morte. Capelli lunghi arruffati
e barba in segno di lutto, geme senza fine:
Varo, Varo, rendimi le mie legioni !
 

12. Giulia, il disonore
L’emancipazione femminile divulgata da Ovidio torna a rovina familiare
con le due Giulie, figlia e nipote del Principe.

Quattro donne: le Sagge e le Folli.
Bianche: Ottavia, la sorella; Livia, la sposa.
Romane degne dell’età d’oro.
Nere: le Giulie, bandite, cacciate il più lontano possibile.

Hanno preso l’Arte d’Amare alla lettera,
hanno creduto che niente è mai troppo.
Grida di rabbia e d’impotenza di queste donne,
troppo belle e truccate con libertà.

Il castigo. L’esilio fino alla morte
e la maledizione paterna.
Isolare la loro macchia.
Tra esse e Roma, tutta l’acqua del mare.
 

13. Acta est fabula !
Sordo accompagnamento di raganelle e tamburelli.
Augusto non è più nudo davanti alla storia. Tiberio,
l’ultimo dinasta adottato, generale eccezionale,

dopo il disastro di Varo, ha ristabilito l’ordine in Germania.
Tutto come in Illiria e in Pannonia.

L’ultima spada del Principato funziona.

Alla fine dell’avventura, sorpresa divina,
un figlio, ancora un figlio: Tiberio!
Il sipario può ricadere,
un altro proseguirà l’azione.

Truccato da ballerino,
sul suo letto di morte, Augusto dice :
La storia è finita!” , ultime parole.
Mentre ricade dolcemente,
un nugolo di fanciulli,
coronati di fiori e coperti
di tuniche magnifiche,
stanno per guidarlo verso gli Altri-Luoghi.

Suo ultimo sogno, bisbigliato a mezza voce :
non è il corteo dell’Almo Sole
sorgente alle porte dell’Eternità trionfante?
Per pietà, il mondo romano si turba,
il quale vorrebbe vivere dopo di lui.
 

14 L’ascensione
Secondo Numero Attico, pretore.

Ecco giunta l’ora della grazia,
l’Apoteosi promessa dagli dèi.
Testimone, il Senato unanime ammette
la visione prodigiosa…

Per avvolgere la figura imperiale
in solenne elevazione, si dilata
il bagliore del rogo funerario. 

Spiccando il volo di un’ala possente,
un’aquila va a planare, grandiosa,
al di sopra del fuoco piramidale.
Al nome di Augusto, un Secolo si battezza.
 

15. La stella di Venere
Lo sguardo del Principe, dopo aver rivisto le ore cruciali
della sua vita, si fa più da vicino.

Come quelle del vecchio imperatore
molto truccato, le sue dita si distendono.
Il palmo aperto abbandona il suo simbolo.
E’ la Stella della Famiglia Eletta che brilla –
l’immagine di Azio, sua prima vittoria.

Ovunque, qui, la pietra ha custodito
il suo senno e la sua grandezza.
Sul cammino della gloria che i petali
dei secoli cospargono a decine –
anima nuova in un corpo antico,
Roma, sempre fiorente,
trascorre la sua primavera eterna.

Prima di gettare questa storia al rogo, prima che la sommerga una tempesta di pioggia,
i Dioscuri, per correre al nostro incontro, saltano sui loro destrieri.



Bibliografia essenziale  

Fonti moderne
Consultare, riguardo ad Augusto, le opere di Jean-Marie ANDRE, Professore all’Università Paris-IV:
- Il Secolo d’Augusto, (collezione “Lo Sguardo della storia”, PAYOT),
- Mecenate, saggio di biografia spirituale, (“Le Belle Lettere”, 1967),
- L’Otium nella vita morale e intellettuale romana, dalle origini all’epoca augustea, (PUF, 1966).

Letteratura latina
-Vite dei Dodici Cesari, tomo I, SVETONIO, (Collezione delle Università dio Francia
Società d’Edizione « LE BELLE LETTERE »),
Eneide, Canto VI “Tu Marcellus eris”, VIRGILIO,
Il Canto Secolare, ORAZIO, composto in occasione dei Giochi Secolari (17 a.C).
(Esiste una versione musicale cantata di 17 strofe, dovuta al compositore francese F.A. PHILIDOR).
Odi, ORAZIO
Metamorfosi, OVIDIO.
 

© Franco Santamaria, traduzione italiana 
testo originale in ‘ENVOLS-POESIE’
http://www.envols-poesie.com/index.htm


Vero diluvio


Questa notte hanno aperto il fuoco
tutt’insieme i mercenari della morte
folgori esplodenti in boati
e venti incrocianti proiettili liquidi
di sangue.
 
La morte afferma un potere
estorto alla legittimità delle nascite
alle origini dei fiumi liberi.
 
Questa notte Eva ho veduto – soltanto –
pregare su divelte radici invocare
il suo Adamo
compresso in colonna di ghiaccio.
 
E nient’altro, se non il mio corpo farsi
agonia di vite gettate
in forni di calce viva e d’acciaio
in celle di asservite prigioni
in campi fiammanti
di papaveri e di rifiuti
dove la musica è muta tra esplodenti rumori.
 
E nient’altro, se non la mia angoscia farsi
fossile di speranza
annegata insieme al vascello del rinnegato Noé.
 

* Da F. Santamaria, Radici Perdute. Introduzione di A. Spagnuolo. Prefazione di A. Rienzi, Napoli 2009, pp. 50-51.


Una storia lunga*

Aspetto che smetta
questo non umano di tempeste e di valanghe
di foreste in catene dietro rombi possenti
di anime rubate ai corpi tra fogli di catrame. Il vento, il vento che spezza
canneti e braccia senza forti barriere,
brucia finanche colonie di farfalle sugli alberi
gridando in traiettorie di piombo
una viola liturgia al suo dio ideologo.
Spie luminose frementi segnalano che dighe rompono
nella valle che dorme e non ha modo di salire
su un tappeto che voli. È tutto ciò che rimane.
Fardello schiacciato sospeso
a case oblique e a vie frantumate
disperazione
dei piccoli camminatori e dei bottegai in attesa –
il silenzio della tortura della zolla resa polvere
per sfruttamento o per fede non allineata
solitaria
il pianto del fiore pellegrino che brucia
al volo dei rettili spaziali
radice di solitudine dei vuoti discriminati. Dico di una storia – lunga –
che i giorni ripetono sulla pietra del mattatoio
e incidono sulla lama dell’acciaio
e annodano ai canapi degli alberi sfrondati
impotenti.
Con la stessa assenza di fuoco delle stelle
che muoiono
nel ventre dei laboratori. La morte semina soltanto tracce di paradiso
in ossa che diventano fossili di sabbia nei deserti
o scaglie di conchiglie sulle timpe.
 
* Cfr. F. Santamaria, Radici Perdute. Introduzione di A. Spagnuolo. Prefazione di A. Rienzi, Kairòs Edizioni, Napoli 2009.

 

A Long Story (Emanuel di Pasquale)

I wait for the end of
these inhuman tempests and avalanches
and of forests in chains behind the powerful roar
of souls robbed from the bodies that lie between sheets of tar.

The wind, the wind that breaks
reeds and breaches weak barriers,
that even burns butterfly colonies on trees
screaming in falling trajectory
a violet liturgy to its ideological god
Luminous, quivering spies show which dykes break
in the valley which sleeps
and which has no way to board a flying carpet

It's all that remains.
Crushed bundle suspended
in slanted houses and on streets shattered by desperation
of your strollers and of waiting shopkeepers

the silence of the torture of clumps of earth
rendered dust to be abused
or because of misaligned solitary faith
the weeping of the pilgrim flower
that burns to the flight of spatial reptiles
root of solitude of discriminating emptiness.

I tell of a story – long –
of the days that repent on the stone of the slaughterhouse
a story that the days etch on the blade of steel
and encrust, impotently, on the canopies of trimmed trees.
With the same absence of fire from the stars
that moan
in the innards of laboratories.

Death seeds only traces of heaven
in bones that become sand fossiles in the deserts
or fragments of shells on rock fissures.

Reminiscor*

 

L’uomo della terra

Dalla storia so
come viveva l’uomo della terra
prima della venuta di Cristo,
come viveva al tempo delle corvées
e del carbone.

Dal mio odore di terra so
come vive l’uomo della terra
in tempo di gas nervino e di vie stellari.

Finirà l’uomo della terra
nei sepolcri della notte
vivendo un solo tempo.

Vertigine

In accecante vertigine di sogno,
oltre la vita, oltre,
ho volato per altro ignoto,
senza timore dell’abisso.

Non con ali di cera
che poco calore finisce,
ma con sapienza e aereità di angelo.

Visione di nuove vite,
di nuovi mondi.

L’esattezza ho conosciuto delle specie
e il fine d’ogni dolore,
l’amore della terra.

Quella vertigine di luce ho perso,
viva in sogno,
ora tutto mi torna in nero silenzio.

                        Franco Santamaria

* Cfr. F. Santamaria, Anteprime in ombra, Napoli 2013.

 


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