Non
c'è cosa ch'io dico che non dica
ch'io
vivo un'altra vita che è più viva
di
questa stessa mia che vivo e dico.
E'
come fosse un palmo sottoterra,
tra
semi che magari fioriranno –
un
po' più sotto è dove stanno i morti
a
scalciare in eterno oltre la vita.
E
lì io me ne resto muta: aspetto,
continuo
ad aspettare, aspetto ancora
–
non mi fermano il sole nè la luna –
fino
a che arrivi il verde e copra tutto
fino
al mio cuore aperto alla gran vista.
Pare
che sia così la gioia dura
d'un
eremita,
in
cima a una colonna,
nel
deserto.
Rosi, Marida, Franci, Elisabetta,
guarda che poca cosa una poesia
se
non viene qualcuno che l'ascolti.
Ma
il mio male
io
so che tu lo senti.
Valgo se vali
Non
è l'aquila forse il po' di vento
soffiato
dentro al vento che diviene
quasi
nero, più lento,
a
forma d'aquila?
*
Un'aquila
mi freme nello sguardo –
se
spalanca le ali io spalanco gli occhi
e
il tempo cade dentro gli orizzonti –
e
vedo i corpi, il cuore della gente,
i
miei amici,
il
male che è nel mondo –
e
tutte queste voci di animali che sanno di morire
sembrano
belle ancora nella mente
come
comete dalla lunga scia,
e
anche una più debole si sente tra di loro
venire
avanti e diventare mia.
**
Non
puoi guardare l'aquila negli occhi,
vede
solo lontano, abissalmente,
ogni
suo sguardo ti scaglia da te stesso
in
mezzo al paesaggio indifferente,
ai
deserti dei quali si fa parte.
Da
lì si torna solo
portati
da qualcosa
per
non portare niente.
***
Aquila
mia, remota mia figura
con
tutto il mondo che le gira intorno
e
con il vuoto che vaga intorno al mondo,
centro
di me che dentro non resiste,
che
nascondo in un nome che conosco,
eccomi
ancora qui, la fronte china
come
una che non riesce e si vergogna –
sento
d'essere tua, senza capire
lascio
che qualche mia parola sia contenta,
che
tutto questo accada un'altra volta.
Ma
la consolazione
che va da un altro e torna
e tu provi a tenerla finché dura
e dura poco
è pure il viaggio di una teleferica
tesa tra le montagne -
chi è piu lontano, dalla valle
la vede tremolare sopra il vuoto
fino a che arriva, si calma nella sosta,
è una cosa compiuta.
Ma
quale movimento
se
non quello che torna,
quale
nenia che non sia dalla terra
prima
della sua prima guerra...
Amiche,
miei amici, anime amate
che
vagate dentro il mio pensiero,
vorrei
salvarvi con un gesto solo,
con
il suono che tiene unito l'universo.
Non
lo conosco ancora, però è perso
dentro
di me, lo tengo caro
con
ogni mio respiro, lo alimento
legando
ogni giornata alla sua notte.
Vivo
e vi penso -
cercando
cosa dire io vi penso e vivo.
E
se provo a nominare il nostro tempo
vedo
soltanto voi, voi che guardate
sotto
i raggi del sole e della luna
come
si può sciupare una fortuna,
e
ho bisogno di voi per sopportare.
Vi
leggo nel pensiero, io, vi spio
e
le parole intanto più sono forti
più
se ne vanno via,
e
non lo saprò fare qualche verso
che
vi travolga il cuore desolato,
ma
siete dentro me, siete nel suono
che
mi travolge il cuore desolato
anche
se non lo posso ricordare
e
in questo giorno, questo momento, adesso
vorrei
salvare voi che mi salvate.
Ognuno
vuole avere il suo dolore
e
dargli un corpo, una sembianza, un letto,
e
maledirlo nel buio delle notti,
portarlo
su di sé tenacemente
perché
si veda come una bandiera,
come
un spada che regala forze.
Ma
c'è persa nell'aria della vita
un'altra
fede, un dovere diverso
che
non sopporta d'esser nominato
e
tocca solamente a chi lo prova.
E'
questo. E' rimanere
qui
a sentire come adesso
l'onda
che sale nelle nostre menti
le
stringe insieme in un respiro solo
come
fosse per sempre,
e
le abbandona. Ma nemmeno
la
pupilla d'un cieco
dimentica
l'azzurro che non vede.
Si
ringrazia
per
essere qui
a
dare forma
alla
mia vita che è così
più
che qualcosa tutto.
Ed
è la guerra mite di una viva –
così
lotto.