Tyche*
Il sole tramontato da tempo,
Ma non dentro di me.
Una fiamma, calore, luce, arsura.
Il mare, faticoso protagonista.
Sete di vivere, tanto da avvolgersi intorno ad un cardine
Senza più cigolare, attorno ad un infallibile e fragile centro di gravità.
Fame d’amore, perenne, ineluttabile,
Tanto da intridere l’universo
Una condanna.
Tempo, bieco sicario
Della sorte, tiranna ed agognata.
Emerge dal magma di Crono
Come un petalo di rosa imperativa,
Si impone,
Intridendomi prima che io intrida.
Ignara e consapevole,
Mi avvolgo intorno al fuso sconosciuto di Lachesi,
Che ha radici avviluppate ai nervi del mio essere
Mi sono nascosta nella pancia di una vela,
Un grembo da cui sono emersa da tempo,
Per spiare e inalare strategie fatali.
Inutile respirare con un cuore,
Mani, labbra, ansimanti di fiamme ancestrali
Eppure sempre nuove.
Percorro le strade
Che la Pizia ha celato nel rebus
Del suo responso di foglia,
Con solida tenerezza,
Abbandono carnale a te.
Mi permei, imprevedibile e noto,
Accarezzando e penetrando i meandri di un’ignota intimità,
Pizzicando gioioso
I miei sensi di donna.
Nei tuoi occhi
La mia luce dolce e imperativa.
Aspetto, forse invano,
Che tu colga il segreto
Per ricreare
Il fuoco di un mare,
Che hai già incendiato
All’alba dei tempi.