Per farsi splendore
Sospese
sul filo del non respiro
Voci dal timbro deciso
lucente il colore dell’abito
cucito addosso come
seconda pelle.
– Palpitiamo insieme –
s’alza di tono la voce
vibra su corde invisibili
di colpo s’abbassa e diventa
urlo.
È il ricordo indistinto
sfocato che uncino si fa
e lacera stanze frantuma pareti
divelle il ferro delle sbarre per farsi
splendore.
Abitiamo uno stato di grazia
riconciliate con la perdita di noi
Lisistrata e Filumena
Mamma Roma e Medea…
C’è chiarore dietro le vostre vite
può essere di luna che sfarina
promesse senza appello?
Avete nostalgia del vento
che scompiglia i capelli o
delle ombre che s’allungano sui prati, dei fiori
che divampano al tramonto
dei figli che vi aspettano.
Ritorna il passato
e lo smaltite nel cemento dei muri
tra sbarre e feritoie dagli scorci allarmanti.
Non si disperde l’odore
il caro dei suoni dei nomi e delle ombre
è vostro
il riscatto, Donne nella commedia della vita.
In sottofondo
il tango e le ballate e il rap.
Simile al dio Apollo
portato da cigni
hai conosciuto sul nascere
la regione estrema del mondo
– a settentrione –
al di là del vento del Nord.
È da quella landa che soffia
Borea impetuoso, Aquilone possente
che tu hai sfidato vivendo
un giorno e un altro ancora
– troppo pochi, in ultimo –
nel chiarore di porpora d’oriente
in attesa del Sole che risvegli
e ricomponga il Canto, il più bel canto.
Vagare
perdersi quasi in prossimi quadrivi
addolciti da distanze soleggiate
in apparenza impervi.
Uomini e donne
e strade e case.
Amore, mi stupisco
Pietre miliari segnano il cammino
insegnano la via al vagabondo
andare. La casa attende.
Sorge da macerie.
Lapidario il suo monito: a contare
è l’andare comunque verso gli altri
Non importa dove.
*Cfr. C. Vicino, Il sorriso della luna, Il Levante, Latina 2018.
*Cfr. C. Vicino, Il sorriso della luna, Il Levante, 2018. (ndr)